Una campagna pubblicitaria importante, l’utilizzo del colore come mezzo narrativo irrinunciabile, la suddivisione in stagioni come nei moderni serial televisivi, il coinvolgimento di tanti giovani ed italici talenti ed un progetto che coinvolge più media rendono Orfani il prodotto forse più all’avanguardia della SBE, nonché la sua prima miniserie completamente a colori.
E la qualità? Dicevo prima che Orfani è un titolo che ha generato molte discussioni nei forum ufficiali e sui social network, con una frangia di “oppositori” che accusano il lavoro di Recchioni e Mammucari di essere un vuoto esercizio di stile ed un riciclo di molte idee prese qui e lì nella fantascienza odierna e passata.
A parte gli haters integralisti, cui faccio notare che nel mondo odierno è praticamente impossibile scrivere o creare robe nuove completamente eliminando tutte le influenze, dalle quali volenti o nolenti siamo sempre costantemente bombardati, vi posso dire che a me la prima stagione di Orfani è piaciuta, anche se non immediatamente.
I primi numeri, seppur belli, mi sembravano un po’ banalotti e scontati. Non sapevo però che il buon Recchioni preparava la bomba proprio per la metà stagione: grazie ad un colpo di scena ben orchestrato, Orfani ha cominciato a mostrare i muscoli a partire dal numero 6, ed è andato in crescendo fino al deflagrante finale.
Siamo chiari: non è fantascienza di quella riflessiva alla Solaris, siamo più dalle parti di un Edge of Tomorrow. Ma nessuno dice che bisogna esser sempre cervellotici per leggere qualcosa di bello.
Dato il successo della prima stagione, Orfani è stato rinnovato per almeno altre due stagioni, e la seconda è in svolgimento proprio in questi mesi, con la nuova denominazione di “Orfani: Ringo”, in onore del protagonista.
Ringo è il classico antieroe ombroso e solitario, spaccone e testardo. Durante la prima stagione non ci è voluto molto ad apprezzarlo, proprio in contrasto con l’altro protagonista, troppo “boy scout” e perfettino per risultare il preferito delle masse: se vi chiedo chi preferite tra Ciclope e Wolverine, che mi rispondete? Ecco appunto.
Ma arriviamo al dunque: quello che voglio dirvi è il perché, arrivati alla metà, posso affermare che la seconda stagione mi sta piacendo di più della prima.
Secondo me il merito sta innanzitutto nel cambio di registro e di ambientazione: se prima avevamo una cupa space opera che echeggiava di Starship Troopers, ora i toni sono quelli della road adventure post-apocalittica alla Fallout/Mad Max.
Ringo ed il suo trio di improbabili alleati si trovano ad affrontare, per sopravvivere, un viaggio nelle terre devastate dall’apocalisse vista nella prima stagione, affrontando i pericoli e le mostruosità della civiltà decaduta e rinata dalle polveri. La particolarità e la forza di questo racconto sono assolutamente amplificate dall’inedita ambientazione italiana: basta con le classiche cittadine americane tutte uguali! Partendo da Napoli, sede del Governo di crisi, i nostri si ritroveranno a seguire un percorso che li porterà a Roma, in Etruria, a Lucca ed a Bologna, ed è stupendo, per un appassionato di fantascienza postapocalittica come me, scoprire come gli autori immaginano la nostra penisola devastata, con i suoi monumenti e le sue particolarità architettoniche facilmente riconoscibili, ma non nominate né citate dai protagonisti. Un bel tocco di classe, e una sorpresa ogni volta cercare di riconoscere i luoghi che ciascuno di noi probabilmente ha visitato.
Altro punto interessante sono le dinamiche del gruppo: i nuovi personaggi sono adolescenti e il duo Recchioni/Uzzeo (subentrato come sceneggiatore proprio nella seconda stagione) secondo me riesce a rendere bene la confusione, la testardaggine e l’irruenza di quell’età, turbata ancor di più dal fatto di non vivere in un mondo normale. Il triangolo amoroso inoltre, ambiguo e fumoso, aggiunge parecchio pepe alla vicenda e anche lì a mio avviso ne vedremo delle belle.
Un numero che mi ha stupito particolarmente è il numero 4, pregno delle atmosfere e della violenza che mi aspetto da una ambientazione del genere; finora l’episodio che mi è piaciuto di più.
Se non ancora avete dato uno sguardo ad Orfani, vi consiglio i volumoni della Bao Publishing usciti in fumetteria, in carta lussuosa e stracarichi di extra. Per ora, sono disponibili quattro volumi che raccolgono la prima stagione, ma credo proprio che a breve anche la seconda stagione riceverà il trattamento di lusso.
Lode alla Bonelli perciò, per non aver paura di sperimentare: Orfani è l’esempio concreto che il fumetto italiano è vivo e vegeto, e pronto a stupire.