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Final Fantasy VII Rebirth – Il JRPG del momento

Chi mi conosce lo sa, sono un grande appassionato di JRPG e la saga di Final Fantasy non può che occupare un posto speciale nel mio cuore nerd. Final Fantasy VII è stato uno dei miei primi “giochi seri” e rappresenta una delle vere e proprie pietre miliari della mia “formazione”. A differenza di altri, però, io ci ho giocato solo una volta, sulla grigia PlayStation, e da allora non ho più inserito quei dischi – che conservo ancora gelosamente.

Potrete capire come quindi ho accolto con enorme piacere il progetto Remake di Final Fantasy VII, e ho gustato non poco Final Fantasy VII Remake, primo capitolo di questa nuova saga, perché ormai non è più un gioco, è una saga all’interno di un universo di un gioco. Ho amato tantissimo Remake, l’ho finito tutto d’un fiato, complice anche la pandemia e un lungo periodo di ferie, e ho persino apprezzato il tanto criticato finale, che secondo me ha un po’ trollato tutti ma ci ha anche dato una nuova prospettiva, cosa apprezzabile al di là della semplice “operazione nostalgia”.

Poco tempo fa è uscito Final Fantasy VII Rebirth, seguito di Remake e capitolo intermedio della saga, che dovrebbe terminare col prossimo capitolo. Ma non prendete Final Fantasy VII Rebirth sottogamba, altroché, qui abbiamo forse il miglior JRPG moderno degli ultimi anni.

Recensione

Final Fantasy VII Rebirth inizia esattamente dove finisce Final Fantasy VII Remake. I nostri eroi (Cloud, Aerith, Tifa, Barrett e Red XIII) sono appena fuggiti da Midgar e ora sono braccati dalla Shinra. Tuttavia, in “contemporanea”, la linea temporale parallela che si è venuta a creare vede un paio di improbabili personaggi entrare in città, e presto scopriranno che la situazione è decisamente drammatica.

Scelgo, nonostante avrei tanta voglia di dirvi di più, di non svelare troppi elementi della trama, perché potreste non aver giocato a Final Fantasy VII Remake e, data la particolarità del finale, non voglio aggiungere altro. Certo, il gioco vi “spoilera” tutto subito, ma è una precisa scelta stilistica di Square Enix, che vuole che Final Fantasy VII Rebirth sia quasi un gioco a sé stante, o meglio un gioco al quale si può giocare senza aver prima giocato a Remake. Certamente io non vi consiglio questo approccio: trovo non abbia senso privarsi di Remake e della sua incredibile Midgar!

In ogni caso, l’avventura e la storia continuano, e (ri)farete la conoscenza di nuovi membri del party, vecchi amici, tanti nemici… e no, non c’è Panino, però c’è sempre la tetra presenza di Sephirot a tracciare tutti i vostri spostamenti. Se vi steste chiedendo se “quella scena” c’è, io non dico nulla, scopritelo!

Gameplay

Final Fantasy VII Rebirth ha deciso che è il momento di far diventare Final Fantasy VII un Open World. Bene, sapete che non è che sia un amante folle di questi giochi, ma in Final Fantasy VII Rebirth è stato fatto un ottimo lavoro che rende la parte delle side quests su mappa moooolto divertente e ben ambientata. Ci sono davvero tante possibilità, perché qui non avremo solo le missioni da tuttofare, bensì tutta una serie di elementi su mappa da sbloccare per portare avanti tutta una serie di aspetti legati alla lore ma anche alle dinamiche di gioco vere e proprie.

Insomma, per dirla in altre parole, sono ore che giro per la mappa a fare cose senza mandare avanti la storia principale.

Il fatto è che l’unione tra missioni, ambientazioni e (ha un ruolo, sì) colonna sonora è perfetta, e proprio ora che sto scrivendo mi viene voglia di lasciare la tastiera per riprendere in mano il DualSense e continuare ad esplorare. Perché noi lo abbiamo sempre voluto vedere un Final Fantasy VII vivo, esplorando i posti che conosciamo come se fossero un po’ casa nostra – chi ha detto Gold Saucer? – e cavalcare finalmente i Chocobo in una maniera più “viva”. Abbiamo voluto scoprire cosa si cela nei meandri del mondo ricolmo di Mako, e volevamo sentirci piccoli di fronte alle imponenti città e all’imponente natura che ci circondano. I passaggi tra esplorazione e combattimento sono “lisci”, senza caricamenti o altro – un po’ come ci hanno mostrato Final Fantasy XV e XVI – e la sensazione di libertà è veramente alta. Non è il primo Final Fantasy Open World, appunto, eppure ho la sensazione che stavolta “ci hanno preso“.

Parlavamo di combattimento? Bene, è stato potenziato quanto visto in Final Fantasy VII Remake, con un sistema che prevede combo, cambiamenti di assetto e soprattutto delle belle azioni sinergiche. Ammetto che all’inizio il combattimento mi è sembrato un pelo confuso, specie rispetto all’aumento delle barre ATB necessarie per abilità e magie, e inoltre condivido poco il fatto che solo il personaggio attivo ha una ricarica “rapida”, mentre gli altri due personaggi di supporto sono decisamente più lenti. Certo, il gioco vuole che ci siano cambi di personaggi a seconda delle situazioni, e mi sta anche bene, però è poco intuitivo specie in un gioco dove i combattimenti sono abbastanza frenetici.

Ma c’è anche un altro motivo per cui ha senso fare gli attacchi sinergici, e non solo: finalmente in un Final Fantasy potremo curare i rapporti con i nostri compagni d’avventura, andando a lavorare sulla loro felicità e sulla nostra relazione. Sì, esatto, potrete avere una vera e propria relazione con Tifa o Aerith. Non è ai livelli del Social Link di Persona 5, ma mentre nell’avventura Atlus è una base fondamentale per mandare avanti il tutto, qui è una ottima aggiunta che è più soddisfacente che necessaria. Certo, non sta a me ricordarvi che potrete avere un appuntamento al Gold Saucer con una delle due protagoniste, e che le cose potrebbero prendere una piega interessante nel caso faceste determinate cose fin lì.

Cambia un po’ anche la gestione delle abilità: se mentre in Remake erano legate più alle armi, in Final Fantasy VII Rebirth invece abbiamo un sistema che mi ha ricordato tantissimo la Sferografia di Final Fantasy X (altro capitolo per me incredibile, l’ultimo “vero” Final Fantasy, ma questa è un’altra storia), che si sblocca man mano che raccoglieremo Punti Abilità e compreremo dei “manuali” – idea graficamente carinissima – per sviluppare la nostra storia.

Ah, anche stavolta c’è un minigioco di carte, Queen’s Blood, che vi ruberà ulteriori ore. Non arriva ai fasti del Triple Triad – o, nel mio caso, del Blitzball – ma è molto molto divertente!

Audio e Video

Gente, questa è forte. Final Fantasy VII Rebirth è veramente bello per gli occhi e per le orecchie. Non ultra-perfetto, ma è una delle cose più belle da vedere su PS5, e anche da sentire.

Se già il precedente capitolo Remake aveva una grafica straordinaria, questa versione open world del mondo di Final Fantasy VII è veramente viva e vibrante, con natura, città e creature che vivono in un bioma bello e convincente. Non aspettatevi ultra-realismo ovviamente, siamo in un mondo fantastico, ma è tutto ben realizzato e soprattutto la possibilità di espandere il mondo agli albori del 3D della versione PlayStation di FFVII e vederlo finalmente in un vero 3D quasi fotorealistico… è davvero incredibile.

Vi ritroverete spesso a girare per le città e per le aree di gioco per il gusto di scoprire tutti i dettagli, e di ritrovare tutto ciò che abbiamo imparato a conoscere ed amare in questi anni passati dalla prima versione del gioco. Vi siete mai chiesti quanto fosse alta la torre di Nibelheim o quanto fossero profondi i canali di Kalm? Bene, ora potrete scoprirlo, potrete interagire, potrete letteralmente vivere in quel mondo.

I modelli dei personaggi protagonisti sono ottimi, ancora più belli del precedente capitolo, e le loro diverse rappresentazioni nel corso dell’avventura – evviva, non siamo più obbligati ad avere i PG vestiti con lo stesso vestito dall’inizio alla fine del gioco – sono sempre belle e accurate. Una buona cura è stata posta anche negli NPC primari, alcuni dei quali hanno anche ruoli più rilevanti rispetto al passato, mentre gli NPC di puro contorno sono un gradito riempitivo dello schermo, ma niente di esagerato, come forse è giusto che sia.

Lato audio, che dire, la colonna sonora di Nobuo Uematsu viene suonata e remixata in maniera ineccepibile; ammetto che alcune musiche, stranamente ritmate, mi hanno lasciato un po’ sorpreso in alcuni frangenti. Però se prendiamo “i pezzi”, quelli che tutti conosciamo, sono ancora più belli da ascoltare e vi accompagneranno durante l’esplorazione della mappa di gioco. A me la cosa ha dato sensazioni incredibili, certe volte ho davvero indugiato solo per ascoltare un tema e per vedere come si legasse a ciò che stavo esplorando (o vivendo) in quel momento. Una colonna sonora così non può che essere incredibile, e lo è ancora dopo tutti questi anni, senza invecchiare di un giorno.

Ottimo lavoro quello svolto col doppiaggio inglese, che io non utilizzo ma che comunque ho apprezzato, specie sapendo chi vi ha partecipato – sì Matthew Mercer, sto parlando di te nonostante il tuo personaggio non sia eccessivamente presente a schermo. Io, lo sapete, scelgo sempre il doppiaggio originale, e lì c’è ben poco da aggiungere.

Concludendo

Final Fantasy VII Rebirth è un giocone, senza grossi giri di parole. Può piacere tantissimo, potrebbe non piacervi – specie dal punto di vista della storia e del suo finale, controverso come successo con Remake – ma secondo me è da provare, per vari motivi. Si tratta di una delle esclusive PlayStation 5 più importanti, è il remake di uno dei giochi che hanno fatto la storia del videogioco a livello mondiale, è una delle espressioni di punta di un genere (il JRPG) che si sta evolvendo sempre di più.

Sono il primo a dire che non è perfettissimo e che ci sono elementi migliorabili, ma personalmente non mi importa perché non cerco la perfezione ma un bel videogioco che mi appassioni, mi coinvolga e mi diverta per bene, e Final Fantasy VII Rebirth ci è riuscito al 101%.

Provatelo, prendetelo, e poi ne parleremo assieme, promesso!

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Nerdando in breve

Final Fantasy VII Rebirth è finalmente arrivato, e adesso non ci sono più scuse per non provare il JRPG più interessante del momento.

Trailer

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