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Mindhunter – Nei meandri della psiche di un serial killer

Mindhunter

Recensione

Ci sono serie TV che non ti aspetti, che guardi giusto come riempitivo estivo e che invece poi sanno prenderti e rivelarsi autentici gioielli: Mindhunter è una di queste.
L’anno scorso ho guardato la prima stagione senza particolari aspettative, giusto perché non avevo molti impegni televisivi e perché la tematica di fondo mi affascinava. Mi sono ritrovata invischiata fino al collo nelle vicende e ad attendere febbrilmente la nuova stagione.

La seconda stagione di Mindhunter è arrivata su Netflix il 16 agosto 2019: inutile dire che me la sono divorata in tempo record. Spesso i prodotti originali Netflix si presentano con qualità calante da una stagione all’altra, ma non è il caso di Mindhunter: la seconda stagione è forse addirittura più coinvolgente della prima.

La tematica di fondo della serie è quella dei serial killer, indagati però con occhi diversi rispetto a quanto viene fatto di solito. Mindhunter ci racconta (in chiave romanzata, è ovvio, ma con un occhio di riguardo per gli eventi reali) la nascita del profiling e della definizione stessa del termine “serial killer” attraverso il lavoro di una unità speciale dell’FBI.

Seguiamo così gli agenti speciali Holden Ford e Bill Tench, pionieri di una tecnica di indagine che il Bureau stesso stenta a comprendere inizialmente, mentre si addentrano nei meandri delle menti più pericolose e disturbate d’America, capaci di uccidere ripetutamente senza alcuno scrupolo, seguendo un meticoloso e costante modus operandi.
Intervistando i serial killer rinchiusi nelle carceri statunitensi, gli agenti elaborano un sistema di riferimento che gli permetta di catturare gli assassini seriali ancora in circolazione.

Trama

Siamo nel 1977 quando il giovane negoziatore FBI Holden Ford viene incaricato, insieme all’agente speciale Bill Tench e alla dottoressa Wendy Carr, di occuparsi dell’unità di scienze comportamentali, con il compito di studiare una nuova tipologia di criminale (l’assassino seriale) e di codificare un nuovo metodo di identificazione del colpevole, la profilazione. La prima fase è intervistare i più pericolosi pluriomicidi d’America per trarne aspetti comuni.

Nella seconda stagione, il metodo ideato dall’unità di scienze comportamentali dell’FBI ottiene la possibilità di sperimentare sul campo la propria teoria mettendosi alla prova ad Atlanta, città in cui stanno scomparendo moltissimi bambini di colore.

Aderenza alla realtà

Come dicevo prima, Mindhunter è fortemente ispirato alla realtà. Le figure di Holden Ford e Bill Tench, ad esempio, sono modellate su John E. Douglas e Robert Ressler, gli agenti che realmente diedero vita alla tecnica della profilazione e alla definizione del concetto di serial killer.

Se i protagonisti sono solo ispirati però, è incredibile il lavoro fatto sugli assassini. Tutti i killer presenti nella serie sono realmente esistiti e gli attori scelti sono incredibilmente somiglianti alle controparti reali e sono stati in grado di fare un lavoro stupefacente a livello di atteggiamenti, movenze e linguaggio.

Concludendo

Il ritmo non è sempre serrato, in Mindhunter, eppure la serie riesce a tenerti incollato alla sedia. La fotografia plumbea e l’incredibile recitazione riescono a coinvolgere e colpire anche lo spettatore che non sia appassionato del genere.

Una serie che vi consiglio fortemente e che, personalmente, non vedo l’ora di scoprire come proseguirà.

Nerdando in breve

Mindhunter ci svela l’origine dell’identificazione dei serial killer e la nascita del profiling per impedire crimini efferati. Una serie da non perdere!

Nerdandometro: [usr 4.5]

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