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GiappoNerdando #5: Imparare il Giapponese con gli Anime

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Non si può parlare di Giappone senza parlare della peculiare lingua locale.

Come l’italiano infatti, il giapponese è una lingua parlata quasi esclusivamente nella stessa nazione. Di conseguenza, le opportunità di venirci in contatto o di fare pratica sono estremamente limitate se si vive lontani dal Pacifico.

Nonostante ciò, per l’influenza che i prodotti artistici e videoludici che fanno parte delle nostre passioni hanno avuto su di noi, non pochi decidono d’intraprendere l’arduo (ma a mio parere entusiasmante) compito di imparare questa lingua.

Come detto però avere a che fare con il giapponese nella vita quotidiana quando non si vive tra la Corea e le Filippine (o alle Hawaii) può essere difficoltoso. È anche per questo che molti ricorrono alla strategia di guardare anime in lingua originale con sottotitoli in una lingua conosciuta.

Di per sè si tratta di una buona idea: in quanto (seppur pessimo) insegnante di lingua, tra le cose che ripeto quotidianamente ai miei studenti vi è esattamente quella di trovare un modo di rendere interessante e piacevole lo studio.

La domanda però è: funziona veramente? Si può veramente imparare il giapponese guardando ore ed ore di anime in lingua originale?

Parlando per esperienza personale e per quella delle persone che ho conosciuto qui, la risposta breve è no.

La risposta lunga

La risposta lunga è meno disfattista.

Partiamo subito da un paio di banalità: cercare di imparare il giapponese limitandosi a guardare cartoni sarebbe una follia. Uno studio più tradizionale è fondamentale, com’è ovvio.

Non solo, ma se si vuole iniziare effettivamente a “sentire l’audio” invece di limitarsi a leggere i sottotitoli, il livello a cui si inizia con questo metodo dev’essere già intermedio.

Dati per scontati questi due punti, passiamo all’argomento principale, ma rigirando la domanda, ovvero: perché guardare anime non è un buon metodo per imparare il giapponese?

Innanzitutto, perché la maggior parte degli anime ha elementi del tutto irrealistici, che portano i personaggi ad usare una quantità spropositata di parole che sono estremamente rare o semplicemente non esistono (mi dispiace, ma nonostante tutto “kamehameha” non si può trovare su un dizionario).

“Ma tu, infimo ed infido autore di questo pseudo-articolo, ti spacci per esperto di ストカッゾ, dovresti sapere che esistono un sacco di manga slice of life!”

Assolutamente vero e sono indubbiamente meglio di anime fantasy o horror. Ma la domanda che dovreste chiedervi è se in quegli anime i personaggi usano un giapponese normale.

Ciò che intendo è questo: il giapponese, più di altre lingue, non solo ha regole rigide sui livelli di formalità utilizzata, ma è anche molto schematico sui tipi di parlata. Per dire, avete presente quando in italiano qualcuno vuole fare la parlata da cafone in un film? Ecco, in giapponese esistono regole più o meno precise sul come dovrebbe essere.

Ora, nella maggior parte degli anime slice of life i personaggi principali rispondono a degli archetipi di qualche tipo (la tsundere, il teppista, il secchione e così via). Per ognuno di questi esiste un tipo di parlata ben preciso, che sebbene usi parole reali e più o meno comuni, genererebbero del ridicolo se usate nella vita quotidiana.

In sostanza, la maggior parte degli slice of life finisce comunque per “insegnare” un giapponese che non ha nessun riscontro nella realtà, o quasi.

Esistono delle eccezioni. Un anime per esempio in cui la lingua non è sottoposta alle modifiche dovute all’archetipo del personaggio è Orange. Un altro è Tsugi ga kirei. In entrambi i casi i personaggi principali sono persone normali che parlano in maniera normale.

Nello stesso Your Name il giapponese utilizzato è piuttosto realistico (per quanto vi siano parole “assurde” legate alla parte fantastica della storia). Non a caso, di nuovo non abbiamo personaggi stereotipati.

“Evviva che bello! Quindi posso imparare il giapponese guardando gli anime! Crunchyroll plus, a me!”

Non per ammazzare rapidi entusiasmi, ma bisogna riflettere ancora un attimo. Fino ad ora la domanda era stata sul fatto se fosse possibile imparare il giapponese o no utilizzando gli anime. Come ho già detto da principio, la risposta è no. Sarebbe bello e comodo, ma uno studio costante e più tradizionale è necessario per imparare una lingua che ha basi grammaticali e sintattiche del tutto differenti dalle lingue romanze.

Quello che ci si può chiedere è invece: si può fare pratica di ascolto utilizzando gli anime?

Questa è la vera domanda che ci si dovrebbe porre ed a cui la risposta è sì, fintanto che lo si fa utilizzando sottotitoli in giapponese e guardando i sopraccitati anime che utilizzano un linguaggio realistico (nulla proibisce di usare qualunque anime, sia chiaro, solo che per quelli più fantasiosi un livello avanzato è necessario).

Il problema è che trovare anime con i sottotitoli in giapponese è difficile al di fuori dei territori nipponici, quantomeno utilizzando fonti legali. Di conseguenza la soluzione più semplice diventa guardare le produzioni Netflix, come ad esempio Violet Evergarden.

Ed i manga?

Fino ad ora ho parlato esclusivamente di anime. Vale dunque un discorso simile per i manga? A mio parere assolutamente no. I manga sono un pessimo modo di fare pratica di lettura fino a quando non si è raggiunto un livello avanzato, in quanto non solo soffrono dello stesso problema degli anime legato al linguaggio più o meno realistico, ma costringono all’uso di un dizionario.

Utilizzare un dizionario cercando manualmente i kanji è una perdita di tempo incredibile e che può essere tranquillamente evitata leggendo cose scritte in digitale ed in cui è possibile selezionare, copiare ed incollare.

In sostanza

Imparare una lingua è sempre un percorso lungo e faticoso, specialmente quando è molto distante dalla nostra lingua madre. È anche però a mio parere fonte di soddisfazioni ed opportunità.

Il giapponese è una splendida lingua e raccomanderei a chiunque sia interessato di provare ad impararla. Trovare modi stimolanti di studiarla è fondamentale ed unire l’apprendimento alle proprie passioni è un ottimo modo per non stufarsi. Tuttavia, va fatto in modo appropriato e sensato.

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