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Giapponerdando #1 – Akihabara, magia e realtà

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Akihabara (秋葉原, letteralmente “campo delle foglie d’autunno”) è un quartiere nel distretto di Chiyoda, nella zona nord-est di Tokyo, ed è noto al mondo come una sorta di paradiso per gli otaku.

Grazie alla recente visita dei nostri Giando e Morgana ho avuto modo di passare buona parte di una giornata girovagando qui, avendo così modo di constatare di persona cosa si potesse vedere e provare in questo luogo di cui spesso si parla in toni mistici.

Prima di iniziare a descrivere ciò che mi sono trovato davanti però, vorrei fare un passo indietro all’ormai lontano 2007, in modo da poter rendere vagamente più comprensibile ciò che ho intenzione di scrivere.

Nel Novembre del disgraziato anno 2007 andavo infatti per la prima volta al Lucca Comics & Games. Al tempo ero un liceale squattrinato, impossibilitato a fare acquisti su internet e confinato in una triste realtà dove le fumetterie avevano la longevità delle ginocchia di Ronaldo e la fornitura di un negozio di costumi da bagno a Novosibirsk.

Inoltre, come buona tradizione vuole, molte delle mie passioni erano poco condivise dalla maggior parte della mia cerchia sociale (erano questi gli oscuri tempi in cui conoscevo letteralmente solo una persona che avesse letto i libri di Martin ed in cui se avessi portato un Death Note a scuola sarebbe stato considerato solo un quaderno strambo).

Il Lucca Comics rappresentava quindi ai miei occhi una sorta di mondo perfetto, dove avrei potuto trovare ogni volume mancante, ogni poster, ogni edizione speciale e tanta, tanta gente che, anch’essa soggetta a gusti in un certo senso simili ai miei, ne faceva sfoggio con orgoglio per quattro giorni di ludibrio in questo magnifico paese dei balocchi.

Dirigendomi ad Akihabara per la prima volta i sentimenti che crescevano dentro di me erano per certi versi simili, ma allo stesso tempo in maniera drasticamente ridotta e non solo a causa del cinismo e della morte interiore che mi ha conquistato negli anni. Più avanti cercherò di dilungarmi sul perché, ora ho già cianciato abbastanza e sarebbe il caso di parlare di cosa effettivamente ho trovato.

Dunque cosa c’è ad Akihabara? È quel concentrato di cultura otaku che farebbe squagliare il cervello al nostro FrankieDedo? Ricorda una strada tutta neon e disegni provocanti di Blade Runner? La risposta, come nei migliori matrimoni, è contemporaneamente sì e no.

Girando per le strade di Akiba (come viene abbreviato il nome del quartiere) è impossibile non venire sommersi dalla quantità impressionante di cartelloni colorati raffiguranti personaggi di anime, manga e videogiochi, così come pubblicità di ogni tipo di prodotto elettronico.

Si viene fermati ogni centinaio di metri da ragazze vestite da cameriere francesi dell’800 che con i loro graziosi faccini e le loro tenere vocine vogliono invitarvi a questo o a quel maid cafè, un bar dove altre ragazze così vestite vi serviranno dolci e bevande a prezzi esorbitanti. A voi decidere se farvi adescare.

Pressoché qualunque negozio troviate lungo la via sembra essere una di queste cose:

  • un deposito enorme di action figure (molte delle quali esposte lungo il marciapiede, tanto qui non le ruba nessuno).
  • un arcade a più piani stipato di quindicenni che vi faranno sentire come se foste dei sessantenni alle prese con uno smartphone.
  • un impolverato rigattiere di retrogaming, con ogni generazione pensabile di console Nintendo, Sega o Sony.
  • un negozio di una catena che dovrebbe essere di elettronica ma che finisce per avere robe tipo queste.

In generale la percezione che dà trovarsi qui è quella di essere in un gigantesco centro commerciale che invece di vendere vestiti, gioielli e scarpe ha solo roba per otaku ed appassionati di elettronica di ogni genere.

Tutto ciò, detto così, suona probabilmente splendido. Eppure, non posso negare che ciò che mi ha lasciato è soprattutto un forte senso di indifferenza. La magia che si può provare in una fiera come Lucca infatti sembra del tutto assente e non solo per l’ovvia mancanza di una presenza massiccia di cosplayer (che ci sono, ma decisamente pochi rispetto a quanto si può aspettare) o eventi che contraddistinguono una fiera.

Il grande supermarket è interessante quando si ha molto da comprare: quando manca la pecunia o, sorprendentemente nel mio caso, qualcosa per cui faremmo follie e che giustifica anche un po’ di sano window shopping, Akihabara finisce per diventare una sorta di centro commerciale con pubblicità fighe.

La differenza più grande con l’esperienza del mio primo Lucca l’ha fatta però la possibilità di poter comprare un po’ qualunque cosa grazie ad internet (oltre che ad una parvenza d’indipendenza economica), il che distrugge inevitabilmente il sogno di un luogo dove andare a trovare tutto ciò che vorremmo (e magari non sappiamo nemmeno di volere).

D’altro canto era anche ingeneroso da parte mia aspettarmi di trovare l’atmosfera di una fiera che dura pochi giorni e che attira decine di migliaia di persone giunte nella splendida cittadina toscana con il solo scopo di parteciparvi.

Akihabara è lì ogni giorno: per tutti i residenti, di cui per loro sfortuna sono ormai parte anche io, si tratta solo di prendere uno o più treni in un giorno qualunque per potervi andare.

In tal senso, l’idea di poter trovare un angolo di mondo che fosse dedicato alla sottocultura nerd 365 giorni l’anno era nient’altro che un sogno irrealizzabile, che non deve però del tutto sconfessare ciò che un luogo come Akihabara può comunque offrire.

(Le prime due foto, quelle belle, sono una gentile concessione di Giando, che se mettevo le mie veniva giù il sito dalla vergogna).

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