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Doctor Who – Twice Upon a Time

Doctor Who - Twice Upon a Time

Recensione

Attendevamo questo momento da tutto l’anno e finalmente eccolo qui: il doloroso addio di Peter Capaldi (e l’arrivo di Jodie Whittaker) giunge in uno speciale natalizio che lascerà il segno: lo storico showrunner Steve Moffat non lesina sull’autocitazionismo ma lo fa con la dovuta grazia; ci regala l’occasione di dare fondo ai fazzoletti di carta e, soprattutto, tende il braccio col testimone a Chris Chibnall, prossimo timoniere dello storico franchise.

Trama

Attenzione: questa sezione potrebbe contenere spoiler
Ma andiamo con ordine.
Abbiamo lasciato il Dottore morente dopo l’ennesimo fatale scontro con il Maestro in quella che è probabilmente la più epica delle battaglie disegnate da Moffat; questa volta, però, il Dottore non ha alcuna voglia di ricominciare tutto da capo, di cambiare ancora. L’unica altra opzione, ovviamente, è quella di morire, una scelta drastica che i Time Lord possono fare volontariamente.

Travolto da questa tempesta emozionale il TARDIS (che come è noto va dove vuole il Dottore solo saltuariamente) porta il suo pilota al Polo Sud dove incontriamo la Prima incarnazione di Doctor Who, interpretato magistralmente da David Bradley, che avevamo già amato in Un’avventura nello spazio e nel tempo. Anche il Primo Dottore sta per affrontare la rigenerazione e anche lui non è intenzionato a farlo. Per questa ragione il rischio di uno spaventoso paradosso è dietro l’angolo (che succederebbe se First non si rigenerasse dando vita al ciclo che ben conosciamo?) e questo scatena una frattura nel tempo che i due dovranno necessariamente sanare. Il come lo lascio scoprire a voi.

Vedere due Dottori sullo schermo è sempre una grande emozione, ma vederne due così diversi è un vero spasso, e non manca una ricca dose di autoironia con battutacce sessiste e omofobe uscite direttamente dagli anni ’60 della vecchia BBC. Lo scontro generazionale è semplicemente epico, dal cacciavite sonico agli occhiali da sole, le gag si alternano senza soluzione di continuità, nonostante il dramma degli eventi descritti e dei minuti che inesorabilmente incedono verso il climax finale.
Il ritorno sullo schermo di Mark Gatiss è sempre piacevole, un ulteriore omaggio a chi ha contribuito a rendere grandi le avventure di New Who.

Doctor Who - Twice Upon a Time

Una volta risolto il problema del tempo arriva il momento per i due Dottori di fare i conti con le proprie scelte. La delicatezza dell’ingresso e dell’uscita di scena del Primo rivela quanto amore sia stato messo nella gestione di questo personaggio: ho apprezzato moltissimo l’utilizzo dei frammenti residui di The Tenth Planet per la prima storica Rigenerazione, senza ricrearla forzatamente con Bradley. Ma la vera prova del nove, ovviamente, era l’uscita di scena di Twelve.

Doctor Who è così: anche se sappiamo perfettamente cosa accadrà alla fine, è il come il punto centrale. Come spesso accade, il viaggio è molto più importante della destinazione. E chi è Doctor Who se non un viaggiatore?

Ecco quindi le mie considerazioni sull’uscita di scena di Peter Capaldi, arrivato in punta di piedi (o per meglio dire di sopracciglia) e diventato a discapito di tutto e tutti un Dottore fenomenale, uno tra i migliori checché ne dicano gli ascolti di BBC One.

Considerazioni

“Non ho diritto anche io a riposare?” si chiede quindi il Dottore.
Certo che ne ha: la scelta spetta solo a lui, ma sa anche che in cambio l’universo diventerà un posto terribilmente più freddo.
E allora il Dottore fa quello che deve fare, come sempre. Fa la scelta giusta. Non prima, però, di averci regalato un importante riferimento alle sue origini: il Nome del Dottore è inascoltabile da chiunque, tranne che dai bambini. E quello è il target per cui Doctor Who era nato, anche se nel tempo ha preso direzioni diverse: non dimentichiamoci mai che il TARDIS, col suo rumore, porta speranza nei cuori di chi lo ascolta, e chi meglio dei bambini, sopratutto a Natale, può capire cosa sia la speranza?

Doctor Who - Twice Upon a Time

Ed ecco il testimone di Moffat di cui parlavo all’inizio. Dopo un paio di camei un po’ telefonati (ma fondamentali), Dodici si accomiata dal pubblico (e dal suo personaggio) snocciolando una serie di consigli, di suggerimenti e, de facto, di input su quello che il Dottore deve essere: “Odiare è sempre da sciocchi, amare è sempre una cosa saggia” (qui eravamo già al secondo fazzoletto), ma soprattutto: “Ridi a crepapelle, corri a non finire e sii gentile. Dottore: ti lascio andare”.

Non occorre uno scienziato della comunicazione per capire che non è il Dottore a parlare, ma sono Moffat e Capaldi in prima persona a dire addio alla propria creatura più iconica, così come a raccomandare tanto a Chibnall quanto a Jodie Whittaker qual è la strada da seguire.
E l’entrata in scena di Tredici non potrebbe essere più esplosiva.
“Oh brilliant!”: bastano quelle due semplici parole per capire che ci aspetta un’avventura “splendida”.
L’unica domanda è: come si fa ad aspettare fino al prossimo autunno?

Nerdando in breve

Con un episodio poetico e toccante, diamo addio al Dodicesimo Dottore e il benvenuto al Tredicesimo.

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