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#NerdandoConsiglia: Adventure Time

Adventure Time

“Adventure Time! Chiama i tuoi amici, andremo verso terre lontane. Con Jake il cane e Finn l’avventuriero ci divertiremo, it’s Adventure Time”

Questa, che avete appena letto, è forse la sigla più fuorviante mai creata per un cartone animato, perché quello di cui vi voglio parlare è tutt’altro che spensierato e infantile. Se grattate la superficie di dolciumi e faccine carine, scoprirete che Adventure Time è lisergico e oscuro e non proprio adatto ai bambini.

Ciò si dovrebbe capire proprio dai primi fotogrammi della sigla d’apertura che mostra un territorio devastato dalle armi atomiche che però passa velocemente ad una carrellata dei colorati personaggi e paesaggi della serie, come a voler nascondere in fretta le fondamenta dell’ambientazione post-apocalittica.

Creato da Pendleton Ward per Cartoon Network, Adventure Time ci mostra le peripezie di Finn e Jake nella terra di Ooo e nei vari regni disseminati su di essi, principalmente quello di Dolcelandia. Finn è un bambino umano adottato dalla famiglia di cani parlanti di Jake, che è a tutti gli effetti suo fratello adottivo. I due vivono insieme alla console portatile senziente BMO in una casa ricavata all’interno di un gigantesco salice e per vivere compiono avventure e raid nei dungeon.

Eh sì, perché grande ispirazione Adventure Time la trae proprio dai giochi di ruolo. Il protagonista verrà visto spesso cambiare spada in favore di una migliore, molte puntate girano intorno al compiere quest e spesso ci saranno mercanti che sembrano usciti da un videogioco da cui acquistare oggetti utili. Il tutto è tenuto insieme da una colonna sonora quasi interamente realizzata con uno stile a “16-bit” che sembra uscito dritto dritto da un titolo per SNES. Lo stile del disegno è a prima vista sempliciotto, se ci fermiamo al character design, ma raggiunge dei notevoli livelli di dettaglio nel suo complesso, sia come tratto che come studio a livello artistico.

Se accetterete di inoltrarvi nell’abisso di questa serie animata inizierete a scoprirne la struttura a strati, dove quelli più interni diventano visibili solo a uno spettatore attento. Nonostante l’età del protagonista Finn (12 all’inizio della prima stagione) nel corso delle 9 stagioni sono affrontati molti temi, alcuni più comuni, come la perdita dei genitori, del proprio scopo nella vita, della gestione dei rapporti interpersonali e altri che non vengono spesso affrontati, figuriamoci in un cartone animato, fra cui la legittimazione della violenza, la dittatura e i disturbi mentali.

Ancora più assurdo pensare che tutto questo viene stipato in puntate della durata di 10 minuti (dieci!) che lo rendono ottimo anche per una visione saltuaria. Questo runtime ridotto all’osso rende ogni scena essenziale e fa sì che il ritmo sia serratissimo. Niente dialoghi riempitivi o gag ripetute nel tempo. Ogni episodio è essenziale ma corposo, come se fosse quasi un “estratto di serie TV”. Anche questo è uno dei pregi che questo show tiene in serbo. In 10 minuti si può solo mostrare la sostanza, niente elementi inutili, ogni scena è un contenuto di valore sotto l’aspetto dell’estetica, della trama o dei dialoghi.

Altro grande punto di forza di Adventure Time è la caratterizzazione dei personaggi, in particolare Jake (dichiaratamente ispirato al Bill Murray del film Polpette), senza lasciare da parte tutti i comprimari del duo principale, ognuno caratterizzato a dovere e più sfaccettati di tanti protagonisti di altre serie. Menzione speciale per BMO, il conte Limoncello e il dannatamente disturbante Omino Magico. Il forte carattere surreale, inquietante e a tratti onirico, insieme a diversi elementi violenti e riferimenti sessuali mette l’ultima pietra sulla tomba del “cartone per bambini” facendolo avvicinare più a Twin Peaks (somiglianza riconosciuta da molti, soprattutto per la gestione di trama e personaggi) che a Scooby-Doo. Questa sua natura “stratificata” lo ha reso vittima di innumerevoli censure in Italia, che hanno portato addirittura al taglio totale di alcune puntate ritenute troppo scomode, soprattutto per motivi relativi ad amputazione di arti e relazioni omosessuali.

Ciò che rende grande questa serie è l’unione di tutti questi elementi che non sono solo realizzati con qualità, ma anche tenuti insieme da una forte coerenza di continuity. Ogni avvenimento non è casuale e se vi sembra che certi eventi siano inconcludenti è solo perché torneranno quando meno ve lo aspettate. Sebbene durante le varie stagioni si susseguano diversi archi, vi è una storyline di fondo che anno dopo anno, si evolve e si avvia ad una fine, come tutte le cose belle, prevista per il 2018 con la fine della nona stagione.

Pronti per lanciarvi nel misterioso e assurdo mondo di Ooo?

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