Interviste

Due chiacchiere con: Christian Iansante (voce del Decimo Doctor Who)

Christian Iansante

Durante il recente Cartoomics 2017 ho avuto modo di incontrare uno dei miei doppiatori preferiti. Parlo di Christian Iansante, eccezionale doppiatore abruzzese (anche se nato in Svizzera) che ha dato la voce ad attori del calibro Bradley Cooper, Rainer Strecker, Christian Bale, Ewan McGregor, Jeremy Renner, Johnny Depp e Michael Fassbender.
L’occasione è l’incontro presso lo stand dell’associazione Spawns of Gallifrey dedicato, come suggerisce il nome, a Doctor Who dove, oltre a Iansante, ho avuto modo di conoscere anche Marco Mete, di cui parleremo in un prossimo articolo.
Rubando Christian all’assalto dei fan che facevano la fila per un autografo e per farsi registrare un mitico “allons-y!” detto con la voce di Ten, sono riuscito a rivolgergli qualche domanda sul suo rapporto con David Tennant. Ne è nato un confronto molto interessante, dove non sono mancati anche riferimenti ad altri suoi personaggi.
Prima di lasciarvi all’intervista, una piccola curiosità: sia io che Christian abbiamo una figlia col medesimo nome, che, a quanto pare, non è appassionata di Doctor Who e in generale non ha mai seguito nessuna delle serie doppiate dal padre.

Maurizio: Nessuna delle tue serie? Ma è voluto o solo un caso?
Christian: Solo un caso, davvero. Diciamo che quando mi sente non le frega niente, per lei è normale: lo sa da quando è nata. Un po’ come mia sorella, che ormai ha 40 anni; quando è nata io ne avevo undici e poco dopo ho iniziato a fare radio; lei era talmente piccola che non si ricorda il mio inizio: per lei ho sempre parlato al microfono, per cui quando mi sente in televisione, radio, pubblicità nemmeno ci fa più caso perché diventa una sorta di normalità.
In realtà questo mestiere è una normalità; poi chi dall’esterno se lo pensa in un certo modo, magari se lo vive facendosi le pippe mentali di tutto ciò che non è.

Maurizio: Personalmente, da appassionato del doppiaggio, lo considero un universo magico: la capacità di essere solo con la voce quella persona, quell’emozione; è molto più complesso che portare un personaggio in teatro?
Christian: Guarda, sinceramente non sono d’accordo con quello che stai dicendo. Perché costruire un personaggio attraverso corpo, la faccia, e quindi crearlo è molto più difficile che replicare un qualcosa che è già stato fatto da qualcun altro in un altra lingua.
Il doppiatore riproduce. Io faccio anche l’attore, non tantissimo, ma lo faccio; proprio questa settimana è uscito un film che ho fatto con Maccio Capatonda in cui faccio l’attore. Faccio poco, ma sono scene: devi studiare; mentre un doppiatore non studia: vede e interpreta leggendo. Sembra una cazzata ma un monologo di venti righe che in doppiaggio te la cavi con cinque minuti, se lo devi interpretare ti passi una giornata ad impararlo. E poi quando metti la tua faccia in gioco, il tuo sguardo, devi coinvolgere tutto. Mentre quello che viene coinvolto nel caso del doppiaggio, è, ripeto, all’interno del processo imitativo solo l’aspetto emotivo. Lo dico perché qualcuno pensa che siano solo parole appiccicate ad una bocca, questo non è. Però quelle emozioni ti vengo suggerite da qualcuno che in un’altra lingua ha già creato quel personaggio. Tu lo stai riproducendo.
Per questo non sono d’accordo che sia più difficile: è molto più facile. Dopodiché attenzione però che anche il doppiaggio ha i suoi tranelli: se uno pensa di andare con i propri tempi, sbaglia. Tu devi andare con quelli dell’altra persona, dell’altro attore, che se fa un verso in un determinano momento della scena, tu devi farlo in quel momento. Ecco: diciamo che devi imparare a respirare con lui, ma questa è tecnica, non è arte.
La parte artistica attiene alle emozioni e le emozioni, ripeto, sono già suggerite da chi le ha vissute prima di te.

david tennant

Maurizio: Parliamo di Tennant. Il Decimo Dottore è un personaggio molto tormentato, sofferente, emotivo: cosa ricordi in particolare nella creazione di questo doppiaggio?
Christian: Allora, io ricordo in particolare che purtroppo come capita spesso in Italia, a proposito della magia, non ci poteva essere nessuna magia per doppiare questo prodotto che, essendo di nicchia, ha un budget limitato.
Io facevo una quantità di scene che forse equivaleva ad un mese di lavoro di David Tennant. Capisci che replicare è più facile di creare, ma alcune cose che lui faceva benissimo io ho cercato di replicarle al meglio delle mie capacità ma in un tempo troppo piccolo. Se mai io ho un rammarico, perché a differenza dell’attore che doppio in The Walking Dead (Andrew Lincoln, N.d.R.) che è un attore mediocre, David Tennant è un grandissimo attore che ha fatto in queste stagioni delle cose molto belle, in certi momenti veramente alte. E quindi quello che ricordo è che io non ho avuto il tempo di farle bene come le ha fatte lui.
Questi però sono quegli attori che ti insegnano a recitare, ecco: io ho imparato a dire bene le battute perché avendo la fortuna di doppiare i più grandi attori del mondo della mia generazione, sono stati loro ad insegnarmelo.
David Tennant fa parte di quei dieci attori che me lo hanno insegnato. Questo lo dico con grande convinzione, quindi il ricordo che ho è quello di uno che mi ha dato molto dal punto di vista artistico. Poi, personaggio tormentato o no non è quello che fa la differenza: io posso fare un pazzo, un prete, un drogato o il medico che lo cura, tutti i personaggi sono interessanti se li vivi in maniera profonda con il gusto di farli, così come tutti i personaggi bellissimi diventano una rottura se quel giorno non ha voglia perché hai i cazzi tuoi, perché succede anche questo. Nella vita del doppiatore certe giornate vanno storte per motivi tuoi personali, che naturalmente non devi portare al leggio, però magari una cosa bellissima la vivi male, anche se poi cerchi di farla al meglio delle tue capacità; però poi non te la ricordi come una cosa bella perché quella è una giornata sbagliata per te.
In generare di questa serie ricordo alcuni episodi particolari, ad esempio quella in cui va a Pompei alcuni giorni prima che esploda il Vesuvio; quella in cui arriva ai margini dell’universo quando sta per esplodere il Big Bang; cioè ricordo delle cose che mi hanno affascinano anche per la materia che mi piace e mi interessa, a differenza degli zombi dei quali non me ne frega proprio niente.
Ma neanche i vampiri per cui lo dico molto onestamente, io quella cosa non la vedrei: ma non perché è fatta male, proprio perché non rappresenta il mio gusto. Del resto noi facciamo tanta di quella roba che non è che possiamo condividerla tutta. Io cerco di farla bene, ma poi come spettatore la giudico come la giudicherei come se non fossi stato il doppiatore.

Maurizio: Ultima domanda, la mia puntata preferita è Blink (Colpo d’occhio).
La ricordi? “Non battere ciglio. Se lo fai sei morto…”

Christian: No, non mi è rimasta impressa. Di questa battuta non ricordo assolutamente nulla, però sono contento ti sia piaciuta: vuol dire che sono stato convincente.

Maurizio: Assolutamente sì…
Senti, me lo butti un “allons-y” che poi me ne vado e ti lascio ai tuoi fan?

Christian:

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