Non è un gioco per vecchi

Non è un gioco per vecchi #21 – Metal Gear Solid

La copertina di Metal Gear Solid

La copertina di Metal Gear Solid

Era il lontano 1999, si era tutti un po’ più spensierati e, soprattutto, era il periodo d’oro della grande PlayStation, quella scatoletta grigia che ha rivoluzionato il concetto e il mondo dei videogiochi. All’epoca spendevo cifre esagerate – esagerate per le mie inesistenti finanze, altro che vecchio conio – per acquistare ogni mese le riviste con i mitici CD-demo, con i quali era possibile provare i giochi prima di acquistarli, cosa che sinceramente si è un po’ persa ultimamente, ma questa è un’altra storia. Un giorno, in uno dei dischi, tra gli altri era presente la demo di un certo Metal Gear Solid di un certo Hideo Kojima, terzo capitolo di una saga iniziata su di una ormai dimenticata console (MSX2, chi la conosce almeno di nome?) e che, con la potenza della Playstation, prometteva al pubblico di vivere un’esperienza degna del miglior film di spionaggio. Già all’epoca c’erano gli effetti devastanti dell’hype, innescanti le speranze dei giovani videogiocatori come me che sapevano stupirsi ancora con poco, hype che in questo caso era stato portato alle stelle da una campagna aggressiva di Konami, già sicura dell’enorme successo che avrebbe riscontrato il titolo – quando in realtà i due precedenti titoli non avevano poi così brillato. Una volta inserito il CD nella console e fatta partire la demo, fui stregato dal titolo ma soprattutto dalla fluidità del controllo di Snake, che si muoveva – per l’epoca – in una maniera decisamente perfetta e che rendeva l’esperienza di gioco godibilissima. A quel punto, fu subito acquisto compulsivo della mega-scatola del gioco completo – ricordate le mitiche confezioni multi-disco per ps1? Bellissime.

Solid Snake, dopo gli eventi dei primi due capitoli della saga dove si era confrontato con suo “padre” Big Boss, si è ritirato in Alaska. Tuttavia la calma viene meno a causa delle mire terroristiche del fratello, Liquid Snake, che occupa la base sull’isola di Shadow Moses con i membri dell’unità speciale FOX-HOUND, di cui faceva parte lo stesso Snake, minacciando il solito attacco nucleare nel caso in cui il governo americano non voglia restituire loro le spoglie di Big Boss. Il riluttante ma comunque ligio al dovere Solid Snake accetta la missione, nell’isola sperduta tra i ghiacci, con il supporto del colonnello Campbell e della dottoressa Naomi Hunter. Per quanto la trama di Metal Gear Solid sia arcinota, non voglio proseguire nella narrazione perché invito chiunque non abbia mai giocato a questo capolavoro di farlo, poiché lo trovo ancora un gioco attuale. Sappiate solo che vi aspetterà una storia di spionaggio degna delle migliori produzioni di Hollywood, con doppiogiochisti, personaggi che non sono chi dicono di essere, momenti particolarmente drammatici e toccanti, e una battaglia finale decisamente epica. Vi sembra poco?

Cos’è che ha reso Metal Gear Solid unico, a differenza di produzioni come Splinter Cell o Siphon Filter? Ciò che mi ha da sempre convinto è la possibilità di scegliere la tattica con cui affrontare il titolo. Ovviamente Kojima, se fosse stato accanto a voi durante le sessioni di gioco, vi avrebbe suggerito di utilizzare l’approccio stealth e di essere un’ombra furtiva nella notte, dotandovi infatti della capacità di strisciare, nascondersi, accovacciarsi in maniera silenziosa ed efficace. Oppure era possibile anche giocare in maniera “ignorante” a pistola spianata, facendo piazza pulita di tutto ciò che ci si sarebbe palesato e facendo passare gli allarmi per carenza di soldati mandati a cercare di sgominarvi. Eh già, gli allarmi, croce e delizia di tutti i giochi stealth; per quanto in Metal Gear Solid fosse in ogni caso cosa buona e giusta evitare i coni visivi dei soldati e delle telecamere (comodamente visualizzati in tempo reale sulla mappa in-game), non riscontrai la “forzatura” di Splinter Cell, dove uscire dall’ombra equivaleva ad una morte quasi certa. Il genere è stealth non per caso, ovvio, ma non amo i giochi frustranti – ecco perché non ho ancora iniziato Bloodborne – e sapere di avere più di una scelta ha sempre il suo fascino. L’altro grande, fondamentale elemento che mi ha fatto innamorare di Metal Gear Solid è dato dalla trama, che ho trovato ricca di – reali – colpi di scena, situazioni ribaltate, sorprese dietro l’angolo e una serie di momenti e di discorsi emozionanti che, ancora oggi, ricordo bene e non dimenticherò facilmente – Sniper Wolf vi dice qualcosa? Inoltre, last but not least, Metal Gear Solid era pieno zeppo di idee di gioco e anche meta-gioco totalmente innovative che costituivano un continuo elemento sorpresa; cito soltanto lo scontro con il membro FOXHOUND Psycho Mantis, formidabile telepate, che ogni tanto vi leggeva i contenuti della memory card e per essere sconfitto richiedeva di spostare fisicamente il cavo del joypad dalla porta del giocatore 1 a quella del giocatore 2 per evitare che tutte le nostre mosse venissero lette in anticipo! Come non gasarsi a mille di fronte a tali espedienti, come non voler continuare a giocare, ora dopo ora, partita dopo partita, per conoscere l’epico epilogo della vicenda, come non rigiocare il titolo almeno altre 2-3 volte per accedere a tutti i contenuti extra? Erano bei tempi, e sinceramente un po’ mi mancano.

La saga di Metal Gear è poi continuata con due capitoli per PS2 – il secondo un po’ così, ma comunque geniale, il terzo che faceva un salto nel passato parlando della prima missione di colui che diverrà Big Boss, uno per PS3 – pazzesco – e, proprio in questi giorni, è appena uscito Metal Gear Solid 5, sottotitolato The Phantom Pain (disponibile sia su PS4 che su Xbox One, ahimé tradimento), che ci fa nuovamente vestire i panni di Big Boss ma promette una storia e delle situazioni totalmente devastanti e coinvolgenti. TPP è sulla mensola, e aspetta solo di essere inserito nella mia PS4 per farmi catapultare ancora una volta nelle avventure di Tattica, Spionaggio e Azione partorite dalla fervida mente di Hideo Kojima: saprà emozionarmi come mi è successo nel 1999? Restate sintonizzati per scoprirlo.

Menzione d’onore: ce ne sarebbero davvero troppe in questo gioco e soprattutto in questa saga, ma non posso non citare l’iconica scatola di cartone nella quale era possibile nascondersi e che, a patto di non farsi vedere in movimento, era in pratica capace di ingannare qualsiasi soldato nei paraggi. Geniale.

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