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Dragonero – Due anni di Fantasy, con la F maiuscola

Dragonero

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Con l’uscita del ventiquattresimo albo, lo scorso maggio è stato il secondo compleanno della nuova serie fantasy della Sergio Bonelli Editore, Dragonero.

Dragonero è un progetto dei due prolifici autori Stefano Vietti e Luca Enoch, che a seguito della pubblicazione, nel 2007, di un Romanzo a Fumetti che introduce l’universo di Dragonero, hanno avuto l’opportunità di trasformare la loro creatura in una serie regolare della mitica casa editrice milanese nel 2013.

La Bonelli fino a qualche anno fa, per me, rappresentava “il classico” nel senso più assoluto: quasi tutti i genitori dei miei conoscenti pari età hanno avuto un’infanzia o un’adolescenza segnata dalle avventure di Tex Willer, Zagor o Mister No; a differenza di molti altri trentenni inoltre, non ho avuto il piacere di essere un fan né un lettore di Dylan Dog, perciò le mie conoscenze del mondo Bonelli erano piuttosto legate alle sporadiche letture degli albi texiani di papà, superfan del cowboy con la camicia gialla, o di qualche numero speciale di Martin Mystère.

La situazione è cambiata proprio nel 2013, e proprio grazie a Dragonero praticamente per una coincidenza. Avevo preacquistato il bellissimo The Last of Us da un noto sito italiano che si occupa di videogiochi, e si da il caso nel pacchetto che conteneva quel capolavoro vi avessero inserito, come copia promozionale, un estratto del primo numero della nuova serie in procinto di arrivare in edicola.

Il fattore che mi colpì, oltre al livello dei disegni che in casa Bonelli è sempre tarato verso l’alto, fu il sentore che il mondo di Dragonero fosse un fantasy leggermente differente dalla solita pappa trita e ritrita: le basi del genere sono quelle classiche (che sinceramente ora mi sono venute un po’ a noia) ma le trovai rinfrescate, e dotate di un nuovo vigore. Non si tratta affatto di deviazioni importanti come quelle delle opere di Martin o Sapkowski, ma di variazione nei piccoli dettagli, come una tecnologia leggermente più avanzata del solito per esempio, che mi instillarono una sana curiosità che culminò nell’acquisto del numero uno.

Ad essere sincero, notai premesse interessanti e un fumetto di buon livello, ma nulla di così trascendentale da farmi gridare al miracolo. Mi diedi il limite di sei numeri per capire se la serie mi piaceva davvero da comprarla mensilmente, seppur rimanendo scettico con la seconda e la terza uscita.

E feci bene ad essere paziente.

Al momento attuale, aspetto l’uscita del nuovo numero di Dragonero come da piccolo aspettavo il Topolino settimanale durante lo svolgimento di una grande saga: al quinto numero scoccò definitivamente la scintilla, e finora i numeri che mi hanno convinto meno, anche se non so esattamente perché, sono proprio quelli iniziali.

Vietti ed Enoch regalano sempre storie coinvolgenti e ben scritte, coadiuvati da disegnatori di ottimo livello che ci trasportano in un Erondàr (la terra dove sono ambientate le vicende di Ian Aranill e compagnia) ricco di storie, tradizioni, usanze, costumi e natura rigogliosa, scenario perfetto per quella che a tutti gli effetti è la quintessenza dell’Avventura. Non a caso molti numeri mi ricordano, come atmosfera e come “sensazioni” provocate, le campagne e le avventure di Dungeons & Dragons della mia adolescenza. Sul blog curato dagli autori, inoltre, si possono trovare molti approfondimenti sul “lore”, che permettono di scoprire ancor più curiosità circa l’ambientazione.

Altro punto a favore di Dragonero è il cast di personaggi, sia principali che di supporto. L’eterogeneo trio principale, Ian, Gmor e Sera, risulta subito familiare e simpatico, e si presta anche a siparietti comici che aumentano l’affezione nei loro confronti; Ian, dotato di un oscuro e misterioso potere conseguenza dell’uccisione di un gigantesco drago anni prima, è il classico protagonista/eroe giusto ed equilibrato, ma non tale da risultare antipatico. Ed è un fattore fondamentale, perché di solito i precisini perfettini vorrei vederli torturati una tavola si e l’altra pure.

Ian e Gmor sono scout imperiali, ed il loro lavoro è proprio quello di viaggiare in lungo e in largo nell’Erondàr, per esplorarlo, mapparlo e risolvere problemi ove richiesto. Gmor rappresenta inoltre un unicum nel corpo degli scout, poiché appartenente alla razza degli orchi, perennemente in ostilità con le razze più civilizzate e con l’Impero. Il tema del razzismo non è affrontato in modo aperto come ad esempio in Dragon Age o in The Witcher, ma la diversità di Gmor permette di condannare, in modo semplice e leggero, l’ignoranza della xenofobia, il che non fa mai male. Sera, un’elfa molto giovane e sensibile, pareva essere all’inizio l’elemento meno approfondito nel gruppo: invece con il passare del tempo si sta affermando come personaggio sfaccettato ed interessante, e non come mera macchietta semicomica.

Il tono delle avventure riesce a variare con semplicità tra momenti scanzonati e momenti più grevi, non risultando mai fuori luogo, e questo è sicuramente merito di una scrittura di livello, unita ad una buona varietà di situazioni e tematiche.

Dragonero è stato ed è sicuramente un buon successo per la Bonelli, tanto da divenire sempre più un progetto a tutto tondo che tenta altre vie oltre al fumetto: l’anno scorso sono stati pubblicati un romanzo e il manuale del GdR ambientato nel mondo di Ian Aranill, mentre al prossimo Lucca Comics sarà ripubblicato l’esauritissimo romanzo grafico che ha dato vita a tutto quanto. Inoltre la serie si è meritata uno speciale annuale tutto a colori, una gradita sorpresa: la bella storia dell’anno scorso riguardava la prima missione di Ian e Gmor, mentre quest’anno si è scelta la via del crossover addirittura con Zagor. Non amando particolarmente questo tipo di storie non l’ho ancora preso, ma per amor di collezione farò questo sforzo.

In conclusione, se siete interessati all’Avventura con la A maiuscola, al fantasy non banale o anche semplicemente ad un appuntamento mensile con delle belle storie, vi consiglio di dare una chance a questo ennesima interessante galoppata avventurosa targata Bonelli.

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