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Far Cry 4 – Andata e Ritorno (dal Kyrat): un racconto hobbit di Zeno2k

Il cattivone di Far Cry 4

Il cattivone di Far Cry 4

Chiudete le valige e vidimate il passaporto, amici: andiamo a Berlin… Ehm, andiamo in Nepal!

Dopo averlo atteso per mesi e mesi, dopo aver avidamente risucchiato ogni fotogramma rilasciato su Youtube da Ubisoft, dopo aver scaricato decine di wallpaper, giocato i teaser sul sito ufficiale… finalmente la copia pre-order di Far Cry 4 giunge nelle mie mani.
È uno di quei momenti in cui ricevi l’sms sul cellulare: “la tua copia è giunta in negozio e può essere ritirata”; controlli il telefono, sono le 8 del mattino di un sabato novembrino… tre giorni d’anticipo rispetto al lancio mondiale.
Alle 8.02 ho già ingoiato una tazza di caffé ustionante e indossato vestiti e cappotto (non necessariamente nell’ordine convenzionale). La moglie mi guarda assonnata, con uno sguardo mezzo allucinato che lascia intendere un “ma dove c… vai a quest’ora di sabato?”. Non le rispondo, ho il fiatone, le mostro il cellulare. Poi sono fuori della porta.
Da casa al centro commerciale ci sono 6,4 km, percorribili in circa 15 minuti in condizioni atmosferiche e di traffico ideali. Fuori diluvia. Varco le soglie del negozio dopo 10 minuti netti: “Alboreto is nothing” (lode al compianto cummenda Zampetti).
Di ritorno a casa, varco la soglia e a malapena riconosco le due creature che ho contribuito a generare, il mio sguardo allucinato le porterà dall’analista entro i 18 anni lo so, ma ora non posso occuparmene: sono in volo verso il Kyrat.

La frenesia e l’eccitazione vengono a dir poco spazzate via dalle 6 ore necessarie per l’installazione del gioco. Sì: 6 ore. Dopo 10 minuti la Xbox One dice che si può iniziare a giocare, ma in realtà consente a malapena di avviare il cinematic introduttivo… poi è uno stillicidio di attesa spasmodica.
Quando finalmente sbarco in Kyrat, le mie aspettative e attese di mesi vengono ripagate al primo colpo d’occhio. Il lavoro fatto dai ragazzi Ubisoft è a dir poco eccelso: così come mi era capitato con Skyrim nel lontano 2011 e più recentemente con Ryse, mi sorprendo con la bocca spalancata ed il controller penzoloni ad ammirare paesaggi mozzafiato.
Le montagne del Kyrat sembrano schiacchiarti, per la loro imponenza; l’Himalaya, lì sullo sfondo, ti ricorda che sei un essere piccolo e insignificante al cospetto di madre Natura; le valli fan venire voglia di rotolarsi sull’erba come si faceva da bambini, e i laghi sono così poetici che verrebbe voglia di costruire un capanno e ritirarti a vita da eremita.
Ma la cartolina, sebbene onnipresente, alla fin fine non è che lo sfondo di un’avventura aricolatissima: c’è molto da fare, molto da decidere, moltissimo da scoprire.
Chi ha visto il documentario sulla preparazione del gioco, sa di cosa parlo: ci sono scene riprese alla perfezione, come il funerale nepalese in riva al fiume, o le mulattiere di montagna guidati dagli sherpa…
Tutto ha una sua funzione, un suo scopo e sono felice di scoprire che lasciarsi immergere nelle dinamiche del gioco e nella cultura del Kyrat (leggi Nepal) sono un tutt’uno con l’avanzata della storia.
Ma come tutti i grandi amori, anche qui c’è qualcosa che fa storcere il naso: perché nulla è perfetto (tranne il sopracitato Skyrim). Chi ha giocato e amato Far Cry 3 non potrà fare a meno di vedere un netto calo nel carisma degli antagonisti. Pagan Min, per quanto squilibrato, non giunge alle vette di follia alienata di Vaas Montenegro; la stessa Yuma, a lungo millantata come perla rara dagli sviluppatori, non è che una comparsa (e ammettiamolo… un po’ mi aspettavo una cavalcata selvaggia stile quella con Citra… che però non c’è mai) e tutto ciò lascia un po’ di amaro in bocca. Decisamente la trama ha poco mordente: si tratta di allearsi coi terroristi e rovesciare la dittatura di Pagan… tutto qui.
Certo, il come è tutto un altro paio di maniche e da questo punto di vista nulla da eccepire: Far Cry 4 è un gioco da vivere fino in fondo, con tantissime missioni e sotto missioni, affrontabili ognuna in decine di modi diversi, con armi diverse, con tattiche diverse.
Eccellenti anche le novità introdotte, come la possibilità di usare esce per farsi aiutare dalla fauna locale, le frecce infuocate, la balestra, la capacità di cavalcare gli elefanti (e vi assicuro che rovesciare una camionetta di nemici a proboscidate regala orgasmi multipli), usare l’elicottero per piombare in mezzo ai nemici, o dedicarsi ad aprocci stealth davvero prodighi di emozioni…
Probabilmente anche la modalità co-op, pesantemente ridisegnata dopo il flop di Far Cry 3, sarebbe interessante da vivere… se solo i server non fossero meno popolati del deserto dei Gobi. Peccato.

Dopo quasi un mese di gioco intensivo, posso dire che si è trattato di un acquisto azzeccato e che le aspettative sono state ripagate più che ampiamente. Le pecche restano, ma è un gioco che appena metti via, non vedi l’ora di riaprire per conquistare quell’avamposto tanto ostico, o andare a caccia della tigre rara per farti un cappottino all’ultima moda.
In una frase: Far Cry 4 è un giocone da avere.

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