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Destiny – Un gioco che non dovrebbe piacermi

Io sono quello a sinistra!

Io sono quello a sinistra!

Premetto che a me gli FPS non piacciono, anzi, non mi piacciono quelli di ultima e ultimissima generazione. Sono cresciuto con Doom e Wolfenstein, ho passato intere serate e weekend a fare lan party su Call of Duty (sì, proprio il primo), Medal of Honor e Swat fino a cimentarmi nell’online di Counter Strike. Proprio Counter Strike e i moderni Call of Duty e simili sono stati, per me, la tomba degli FPS: la quantità smodata di ragazzini iperattivi presenti sui server, l’ipercompetitività dell’ambiente e, diciamolo, la mia scarsa abilità balistica mi avevano fatto allontanare dal genere.

Perché Destiny mi ha riportato all’infanzia? Sicuramente la colpa del mio allontanamento, come pensavo inizialmente, non è da attribuire al pad. Ultimamente abbiamo giocato spesso a Payday e Left 4 Dead, la modalità coop in compagnia di amici stile lan party e l’adorata presenza di mouse e tastiera avevano reso molto godibile l’esperienza di gioco in entrambi i casi. Era inevitabile, quindi, pensare che la mia poca abitudine e reattività nel mirare col pad in mano fosse una delle cause principali del mio difficile adattamento ai nuovi sparatutto. Eppure nemmeno quello è bastato a impedirmi di innamorarmi di questo maledetto, bellissimo videogame.

Bisogna essere obiettivi, Destiny è un titolo solidissimo, con le potenzialità da capolavoro se solo la trama e le stupende ambientazioni fossero state esplorate maggiormente prima dell’avvento delle espansioni. La realizzazione dei pianeti e degli ambienti è da fantascienza di prima classe, così come l’idea di esplorare un sistema solare infestato da alieni al confine con i non morti, droidi assassini e fanatici militari nostalgici dell’impero romano. Il mio giudizio probabilmente potrebbe essere leggermente deviato dalla mia totale astinenza dal PvP: mi sono dedicato esclusivamente al PvE e al completamento di equipaggiamento, storia, raid e missioni. Nella struttura Destiny presenta ben pochi elementi del classico FPS, non fosse altro per il fatto che ci si spara addosso di tutto (i pew pew, credetemi, sono garantiti), avvicinandosi invece molto di più a un vero e proprio MMORPG. Col crescere dell’esperienza e dei livelli del giocatore, oltre a ricevere bonus alle stats, ci sarà la possibilità di sbloccare nuove abilità dell’albero della propria classe o sotto-classe, per costruire uno skill tree unico che vada in combo con l’equipaggiamento indossato: lo scopo, ovviamente, è quello di essere una macchina di morte il più efficiente e dannosa possibile. Altro elemento tipico dei MMORPG è la presenza di veri e propri raid da 3 o 6 giocatori che danno accesso a ricompense ed equipaggiamenti particolari, nonché l’elemento di creazione di una routine di gioco ripetibile tramite eventi giornalieri e settimanali che permettono di farmare reputazione con determinate fazioni e monete particolari da poter scambiare in gioco con potenti equipaggiamenti.

Da vecchio amante della Blizzard, non posso che apprezzare questo tipo di elementi, per cui mi chiedo: è possibile che ci sono determinate caratteristiche di alcuni giochi che odiamo e altre meccaniche che invece ce li fanno apprezzare? Quale di questi aspetti tende a prevalere nei nostri giudizi? Non so ancora se l’anima warcraftiana del gioco abbia prevalso su quella affine a Call of Duty, oppure se si tratta semplicemente della piacevole scoperta di qualcosa finalmente nuovo e diverso nel panorama videoludico di nuova generazione. Siamo forse così assuefatti a giocare sempre lo stesso titolo replicato nel tempo, che qualcosa di nuovo e fatto come si deve riesce a rapirci nonostante sia lontano dai nostri gusti?

Le risposte a queste domande sono incerte e quasi sempre talmente soggettive da non poterne trarne un’analisi generica e più oggettiva. L’unica certezza che ho al momento è che aspetto con ansia che venga settembre per mettere la mani sulla nuova espansione.

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