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Stellaris – Per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima

Dal diario di bordo della USN James Cook, 12 Ottobre 2203, Datazione Standard Terrestre

Siamo partiti.

Un equipaggio di coraggiosi, di impavidi, che ho la fortuna di comandare. Un equipaggio di esploratori che hanno sulle spalle una responsabilità incredibile: per la prima volta, degli esseri umani escono dai confini noti e sicuri del Sistema Solare, la nostra culla, per portare la curiosità umana tra le stelle.

Gli ultimi saluti, i grandi onori che ci sono stati tributati sin dalla Terra fino all’ultima stazione intorno a Tritone non sono ciò per cui noi oggi partiamo. Noi partiamo perché l’umanità ha voglia di conoscere.

Da qui il Sole è una luce flebile, lontana, quasi indistinguibile dall’oceano di stelle che ci circonda. La nostra meta è il sistema di Alpha Centauri, la stella più vicina al nostro Sole. Non sappiamo cosa ci aspetterà, ma siamo pronti a tutto.

Ci avete detto che le speranze della nostra specie sono affidate a noi; noi portiamo questo peso e questa responsabilità con onore e rispetto.

Ad astra, per aspera.


Recensione

Signori, Stellaris è un’opera semplicemente mastodontica. Il claim del titolo, “Grand Strategy on a galactic scale” mai fu più adeguato. Un titolo ambizioso, per una delle case più apprezzate del momento nell’ambito dei giochi strategici; io non vi ho mai nascosto quanto sia di parte quando si tratta di disquisire a proposito dei titoli della Paradox e non mi azzardo nel farlo adesso, contando anche che sin dall’annuncio avvenuto nell’agosto scorso, questo progetto mi è subito sembrato magnifico: gli sviluppatori di Europa Universalis IV, che secondo me è il miglior strategico di sempre alla pari di pochissimi altri titoli, che liberano la fantasia dai binari dell’ambientazione prettamente storica cui si sono sempre affidati, per farci costruire la nostra storia dell’evoluzione futura.

Roba grossa.

Roba grossa perché i tipi di Paradox sono dei precisini, e i loro titoli sono sempre stati dei grandissimi mezzi per creare storie partendo dalla Storia. Ma questa volta si sono davvero spinti un passo più in là.

“La legge morale dentro di me…”

Questa volta non prenderemo le parti di una nazione esistente (anche perché vattelapesca di cosa accadrà al mondo nei prossimi 200 anni, figuriamoci in una galassia intera), ma avremo addirittura la possibilità di creare la nostra razza ex novo. E per creare intendo che non solo potremo scegliere il classico aspetto o il nome, ma andare a definire con esattezza che tipo di società intendiamo essere passando per due concetti fondamentali, ovvero l’Etica e la conseguente Forma di Governo.

Il sistema dell’Etica è bellissimo: i tratti tra cui scegliere sono Militaristi/Pacifisti, Xenofobi/Xenofili, Spiritualisti/Materialisti e Collettivisti/Individualisti, compresa una variante estremista per ciascun tratto. Ovviamente i tratti sono mutuamente esclusivi a coppie e, cosa importante, andranno a definire il tipo di governo del nostro impero. Anche qui potremo scegliere diverse forme di Autocrazia, Oligarchia o Democrazia. Vi faccio un esempio per farvi capire meglio: non pensate di poter scegliere la Dittatura Militare se come tratto etico avete selezionato Pacifisti; piuttosto, in quel caso, il vostro impero potrebbe essere retto da una Monarchia Illuminata, o da una Democrazia Morale, e così via. Lo trovo un sistema molto ben pensato, corroborato dal fatto che tali forme di governo potranno evolversi nel corso del gioco con i giusti avanzamenti scientifici: vi dico solo che una di queste, l’Impero Trascendente, ha come titolo per il proprio regnante “Imperatore-Dio”. Vi ricorda qualcosa? Un pianeta sabbioso per caso?

Sì, penso che con Stellaris, l’idea degli sviluppatori fosse quella di permettere di simulare quasi qualsiasi ambientazione fantascientifica mai creata… E non solo per questo motivo.

Scelte altre cosucce come Pianeta Natale, tecnologia iniziale delle armi e tecnologia per viaggiare nello Spazio, si comincia.

“…e il cielo stellato sopra di me” (I. Kant)

Eccoci qui ad osservare il nostro sistema solare di partenza, con la nostra bella stella, i pianeti, le lune e gli asteroidi che gli girano intorno. Alla pressione di un pulsante, potremo passare alla visuale galattica, che ci darà immediata visione di quanto sia vasto “geograficamente” questo gioco: chiaramente dipenderà anche dalle dimensioni scelte in fase di setup per la mappa, ma ogni singolo sistema sarà esplorabile e potrà nascondere risorse, segreti, missioni, nemici e ovviamente pianeti colonizzabili. Questo è il primo impatto con il sense of wonder puro, semplice e al contempo magnifico che tutta la prima parte di una partita a Stellaris è in grado di restituire. Immaginate il senso di smarrimento ma al contempo della curiosità di sapere cosa ci sia aldilà delle nostre frontiere conosciute: allora, presto detto, prendiamo la nostra bella Nave Scientifica e cominciamo l’esplorazione dell’universo. La bellezza della mappa, unita ad una colonna sonora da brividi, aiutano l’immedesimazione e le notti si accorceranno come per magia. Ma non per colpa dei motori warp.

Intanto, diamo anche un’occhiata al nostro unico (per ora) pianeta: la solita pletora di informazioni, ma salta immediatamente all’occhio esperto la schermata di gestione nella quale, per capirci, possiamo scegliere cosa costruire e dove. E qui arriviamo ad una considerazione importante per capire la portata dell’esperimento di Paradox: più che ad Europa Universalis, qui si pensa quasi immediatamente a Civilization! Ogni “pezzo” di terreno rende in modo diverso una delle risorse principali del gioco, vi possiamo costruire sopra un miglioramento e possiamo assegnarvi dei cittadini che vi lavorino per ottenere quella rendita.

Consideriamo il fatto che il 90% di tutti i giochi di strategia ad ambientazione spaziale sono e sono stati a turni, sulla falsariga di Civilization e Master of Orion; qui Paradox ha portato il suo classico sistema in tempo reale “pausabile”, creando un ibrido che secondo me funziona alla grande, anche grazie ad un’interfaccia comoda e chiara che permette di gestire il tutto in pochi click e di avere praticamente quasi ogni elemento sott’occhio. Non è al livello di quella di Endless Space o Endless Legend (che sono a mio avviso dei capolavori di design d’interfaccia), ma la semplicità di gestione, in mezzo a tutta questa abbondanza di informazioni e azioni da fare è manna dal cielo!

I pannelli per gestire l’impero sono molto ben organizzati, tra politica, scienza, log delle missioni (ne parleremo più avanti) e il designer delle navi, come in ogni buon strategico spaziale che si rispetti.

Prima di andare avanti, piccola nota di merito per la ricerca scientifica: si articola su tre aree principali, ovvero sociale, fisica ed ingegneria. Sparisce l’albero delle ricerche, ogni volta che completeremo una ricerca potremo scegliere la nuova da ricercare tra tre o più “casuali”. Questo modo di intendere la ricerca mi piace molto perché rende moltissimo l’idea del futuro e delle scoperte di roba che non ancora si conosce. Eh si, mi ricorda anche il buon vecchio Alpha Centauri, già che ci siamo.

“Due possibilità esistono: che siamo soli nell’Universo, o che non lo siamo. Entrambe sono ugualmente terrificanti.” (Arthur C. Clarke)

In questo articolo non voglio annoiarvi spiegandovi per filo e per segno le risorse, gli edifici, e come sia profonda la gestione della “cosa pubblica”: vi devo far capire che sensazione mi abbia lasciato un titolone così enorme e spaesante. Perciò, saltiamo direttamente a quando, per la prima volta, ho incontrato vita aliena su un altro pianeta, perché si ricollega tutto al sense of wonder di cui prima.

Dal diario di bordo della USN James Cook, 1 Maggio 2205, Datazione Standard Terrestre

Non siamo soli nell’Universo!

Quando partimmo, penso che tutta l’umanità fosse convinta di questo, anche semplicemente perché risulerebbe assai improbabile nell’assoluta vastità dell’universo, ma averne l’evidenza è qualcosa di potente, che squassa tutto ciò che l’uomo ha vissuto da quando ha mosso i primi passi.

Le rilevazioni del metano in atmosfera e le evidenze delle fotografie scattate dall’orbita non lasciano ombra di dubbio! Su questo remoto pianeta non solo c’è abbondanza di acqua, ma esiste attività biologica!

Ora cominceremo le analisi più approfondite ma non vediamo l’ora di scendere sulla superficie per incontrare per la prima volta altri esseri.

Mi trema la mano mentre lo scrivo.

È un punto di svolta, forse il più grande da sempre.

Ad un certo punto quindi, incontreremo la vita su altri pianeti: ma la cosa che mi ha lasciato stupito sono le modalità. Al banale incontro di un altro impero avversario, si affiancano lo stupore di trovare fauna su pianeti “abitabili” e una piccola chicca che mi piace da impazzire: ovvero, alcuni pianeti potranno essere sì abitati da altre civiltà, ma con uno sviluppo indietro di secoli (nella mia personale esperienza, ho trovato una civiltà di insettoidi allo stato equivalente all’Età del bronzo terrestre, ed un’altra che si trovava nell’era della prima rivoluzione industriale). E con questi cosa facciamo? Potremo metterci ad osservarli passivamente (e ci frutteranno “punti società”), oppure rapire alcuni soggetti per lo studio (quindi saremo gli UFO della situazione) o ancora, decidere di donargli le conoscenze scientifiche per farli evolvere rapidamente ed elevarli a nostro protettorato. È una goccia nel mezzo di tutto ciò che c’è da fare in Stellaris, ma secondo me rende benissimo l’idea di quanto il tutto sia approfondito e delle opportunità che troveremo in giro.

Come se non bastasse, le classiche missioni consigliate durante la partita ci spingeranno a non fermarci mai ad esplorare, guardare e conoscere e formeranno una linea narrativa sottesa alla nostra storia, fornendoci spunti e stimoli continuamente. Tra rovine da investigare, fauna spaziale da catturare e chi più ne ha più ne metta, qui non ci si annoia mai.

Dicevamo del contatto con gli altri imperi: qui esce fuori un altro aspetto che ricorda molto da vicino la saga creata da Sid Meier, la diplomazia. Ad un certo punto del gioco la parte diplomatica diventerà sempre più importante (all’inizio saremo piuttosto soli ed impegnati a costruire i nostri domini); come in tutti i titoli Paradox, le opzioni diplomatiche sono tante, stavolta gestite con una interfaccia che ricorda davvero tanto quella di Civ, più che quella di Europa Universalis, con la possibilità di proposte, controproposte, offerte e domande da mettere sul piatto delle richieste. Questa parte devo ancora digerirla ed assimilarla per bene ma so di per certo che si potrà arrivare a formare Confederazioni Galattiche che spazino per mezza galassia, accomunando imperi con visioni simili verso una vittoria comune.

Ad astra per aspera

E qui purtroppo, dopo tanto ben parlare, arriviamo ad un punto che mi ha fatto davvero storcere il naso, ovvero l’end-game. Di solito i titoli Paradox non hanno mai, come dicevo nel mio articolo a loro dedicato, delle condizioni di vittoria o obiettivi da raggiungere, se non quelli personali. Qui invece, anche per definire un finale di partita, abbiamo delle condizioni di vittoria che però sembrano appiccicate tanto per fare: si vince militarmente o per dominio del 40% della Galassia. Che quindi per me significa due tipi di vittoria militare. E questo io non lo tollero, perché ridursi, in un titolo così ricco di sfaccettature, a dover per forza piegare la propria strategia al dominio militare, è un passo falso che si poteva tranquillamente evitare. Si fanno un po’ perdonare con la bella idea delle crisi di fine gioco, che possono portare all’invasione di alieni ultradimensionali o ad una rivolta galattica delle macchine contro gli organici (Comandante Adama dove sei?), ma se io volessi vincere con la mia incredibilmente acculturata società?

Diciamo anche che Paradox ci ha abituati, soprattutto nell’ultima generazione di suoi titoli, che quando un gioco viene pubblicato esso costituisce quasi una “piattaforma” sulla quale innestare aggiunte, modifiche ed espansioni che sicuramente seguiranno per anni e come già accaduto per Europa Universalis IV e Crusader Kings II, trovarsi a due anni dall’uscita con un gameplay profondamente modificato e migliorato anche secondo il feedback degli utenti. Quindi Stellaris, pur già molto ricco, è per nascita destinato a crescere e brillare ancor di più di quanto già non faccia ora. Su questo posso metterci la mano sul fuoco.

Verso l’infinito, e oltre!

Arriviamo alle conclusioni dopo un lungo articolo che non tocca neanche la metà di tutto ciò che meriterebbe la nostra attenzione, ma mi ero già prefissato che non mi sarei focalizzato su questo per motivi anche di spazio e di tempo e del fatto che la wiki di Stellaris è lì pronta ad essere consultata e il tutorial, una volta tanto, ti porta per mano a scoprire tutto ciò che può essere utile per cominciare. In Paradox su questo aspetto hanno aggiustato parecchio il tiro ultimamente: consci della ripida curva di apprendimento dei loro titoli, si stanno davvero adoperando per renderli più accessibili e tutto è spiegato direttamente nell’interfaccia, c’è un link diretto alla wiki e il robottino tutorial che parla. Non per questo si tratta di un titolo da casual gamer, ma l’approccio, anche per chi non vuole spaccarsi le meningi (perlomeno all’inizio, eh), è più morbido e ben guidato.

Stellaris è un esperimento per andare oltre, per portare gli strategici ad ambientazione spaziale ad un livello superiore e sfidare quel Master of Orion II che da venti lunghi anni guarda tutti con superbia, assiso sul suo trono; è un tentativo di mettere insieme tutto ciò che di buono si è visto negli ultimi anni in questo campo e per me l’esperimento è riuscito e mi azzardo a dire che si tratta di quel capolavoro che tutti si attendevano: ancora un po’ grezzo e da rifinire, ma per quanto mi riguarda mi inchino al nuovo Imperatore.


Nerdando in breve

Stellaris è un titolo fenomenale e mastodontico, ancora da levigare e da rifinire, ma se queste sono le premesse, sarà una pietra miliare.

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