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SUPERHOT – Il tempo è relativo


Se dico “sparatutto”, mi vengono immediatamente in mente Doom, Quake, Duke Nukem 3D e tutti quei giochi in cui la maggior parte dell’azione consiste nell’ammazzare ondate e ondate di nemici scaricandogli addosso piombo, fuoco, plasma, laser e chi più ne ha più ne metta. Al netto di tutto, l’essenza del genere l’ho sempre pensata come costituita da due capisaldi: frenesia dell’azione e fastosità della grafica (mi sento già i criticoni che saranno lì a puntualizzare “ma il gheimplei è più importanteeeee”, ma al momento non me ne frega nulla perché il mio discorso deve partire da qui e quindi fate finta di niente, please).

Nell’ultima settimana abbiamo avuto modo di provare un titolo interessantissimo che questi due punti “fondamentali” li prende e se li rigira un po’ come gli pare, tanto da guadagnarsi dalla stampa specializzata (e quindi anche da noi, che diamine) l’etichetta di “sparatutto più innovativo degli ultimi anni”.

Beh certo, se poi andiamo a vedere che negli ultimi anni le grandi saghe hanno partorito nuovi capitoli che, seppur belli e di successo, non hanno innovato sto granché, direte voi che il titolo è facile meritarselo. Non proprio, perché SUPERHOT si impegna tanto e ne esce vincitore.

Frenesia dell’azione. Come può uno sparatutto definito come tale prescindere dalla tensione e dalla velocità dello scontro a fuoco? Non può, ma può, ad esempio, alterarne una variabile fondamentale, ovvero il tempo. In SUPERHOT il tempo scorre solo quando noi decidiamo di muoverci o di compiere un’azione. Sembra strano a dirsi, ma l’idea è di un geniale che non immaginate. Non si tratta del bullet-time introdotto da Matrix e Max Payne e neanche di una semplificazione eccessiva dell’azione: permette semplicemente di aggiungere una dimensione in più alla frenesia dello scontro a fuoco, quella di un simil-puzzle game. Vi troverete contro un discreto numero di nemici e potrete morire con un singolo colpo o proiettile (così come anche i nemici), perciò avere la possibilità di schivare i proiettili vedendoli arrivare o di ponderare a quale nemico sparare per primo è una vera manna: questo elemento innovativo ci sta talmente bene nello scorrere dell’azione che personalmente mi sono chiesto come mai nessuno avesse pensato prima ad un qualcosa del genere. Lo stop temporale, che non è assoluto, ma è più un rallentamento quasi completo (e questa cosa è fondamentale per mantenere il ritmo e la concentrazione) cessa nel momento, quindi, in cui compiamo una qualunque azione, anche con un singolo passo: potremo raccogliere e lanciare oggetti, tirare cazzotti, disarmare gli avversari, arrabbiarci perché le pistole hanno i colpi contati, ma gioire perché come corpi contundenti funzionano meravigliosamente. Quindi attenzione, perché il perfetto bilanciamento tra l’utilizzo del rallentamento e il tempo reale è la chiave per terminare i livelli.

Tali livelli all’inizio sembrano non avere una soluzione di continuità, ma in realtà una trama SUPERHOT ce l’ha, seppur non originalissima, e si rifà a quei film di fantascienza riguardanti il cyberspazio che tanto andavano di moda nei primi anni ’90. Nulla di indimenticabile, ma molto basato sull’effetto nostalgia, dato che essa progredirà non tanto nei livelli, quanto tra un livello e l’altro, in una finta chat su un finto sistema operativo che scimmiotta MS-DOS. Non contenti, gli sviluppatori hanno pensato bene di infarcire questi menu con una serie di contenuti bonus e minigiochini, tutti rigorosamente in ASCII!

Già che siamo qui a parlare dell’ASCII, tiriamo fuori il secondo aspetto importante degli FPS, ossia la grafica. Ebbene, lo stile scelto da SUPERHOT è minimalista, ma dal forte impatto sia scenografico che utilitaristico: lo scenario poligonale è tutto sui toni del bianco, i nemici sono rossi, gli oggetti e le armi sono neri. Tutto qui? Si, tutto qui, ma vi assicuro che visto in movimento, SUPERHOT è molto bello. Quando schiverete un proiettile nemico grazie al tracciante nero, o vedrete un nemico esplodere in una miriade di frammenti rossi come fosse fatto di vetro, sono convinto che concorderete con me. Io poi, con il lato artistico sono piuttosto fissato e l’uso del colore in modo funzionale mi fa impazzire. Si, se state pensando a Mirror’s Edge siete delle gran brave persone, ci penso sempre anche io.

Il difetto secondo me più grande di SUPERHOT deriva probabilmente dalla peculiarità del suo gameplay e dalla snellezza della sua trama: tirandola per le lunghe, la “campagna” principale si termina in tre ore, anche se poi si sbloccano modalità di sfida e la modalità Endless che ti butta addosso ondate e ondate di nemici da sconfiggere. Ho apprezzato tanto, e ve lo dico qui che prima lo stavo dimenticando, la possibilità di salvare i replay del proprio livello a velocità normale e addirittura di poterlo postare su un finto social network chiamato “Killstagram”. Vi assicuro che escono fuori delle azioni che Neo se le sognerebbe la notte.

Se vi piacciono gli fps, o anche se vi piacciono i puzzle game, date uno sguardo a SUPERHOT perché nella sua formula semplice è riuscito a portare un po’ di freschezza in meccaniche ormai consolidate. E poi volete mettere la psichedelia della voce che continua a ripetere ‘SUPERHOT’ mentre in loop scorre il filmato della vostra performance?

…SUPERHOT SUPERHOT SUPERHOT SUPERHOT SUPERHOT SUPERHOT SUPERHOT SUPERHOT SUPERHOT SUPERHOT SUPERHOT SUPERHOT SUPERHOT SUPERHOT…


Nerdando in breve

Un piccolo FPS che tenta di innovare un genere storico con un’idea semplice ma geniale. Un po’ breve, ma promosso a pieni voti.

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