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Sid Meier’s Civilization: Beyond Earth in 150 turni

Andiam... andiam... andiamo a colonizzar

Andiam… andiam… andiamo a colonizzar

Recensione

Consapevoli sensazioni di un pioniere di vecchia data

24 Ottobre 2014, ore 00:59.

Refresh spasmodico e compulsivo della mia libreria di titoli su Steam.

Quel dannato pulsante reca ancora la scritta “Pre-scarica” vicino a Sid Meier’s Civilization: Beyond Earth.

Dai dai dai, è quasi ora! Dannato Steam, proprio adesso dovevi crashare?

Cosa potrebbe avermi spinto a rimanere sveglio fino a quest’ora davanti ad uno schermo, quando so che il mattino dopo dovrò svegliarmi presto per lavorare, e avrò due occhiaie clamorose? Una risposta sempre attuale potrebbe essere l’uscita di un videogioco talmente atteso da provocarmi un’invasione di gorilla formato King Kong nel cervello, che può essere solo parzialmente arginata da un pre-order che mi permetta di pre-scaricare il gioco una settimana prima per esser pronto ad immergermici al momento dello sblocco. Ancor meglio, un nuovo capitolo dell’epopea di Civilization, pluripremiata e celeberrima saga creata dal buon vecchio Sid Meier quando gli anni ’90 erano ancora giovani, in grado di dettar legge nell’ambito degli strategici a turni ad ogni nuova uscita, e in grado di farmi dimenticare mondo esterno, tempo che passa e impegni dal 1998, quando ebbi il mio primo incontro con il secondo capitolo.

Parte I – Eredità

La saga delle civiltà, ebbe nel corso della sua storia, due spin-off principali: “Colonization” e “Alpha Centauri”. Quest’ultimo, uscito nell’ormai lontano 1999, è sempre rimasto nel cuore dei fan come il capitolo più innovativo, coraggioso e perfetto della saga e secondo alcuni, compreso il sottoscritto, è ancora imbattuto su molti versanti e su moltissime idee, pur essendo passata molta acqua sotto i ponti e molti seguiti sugli scaffali.

L’incipit era geniale: una delle possibili vittorie in ogni capitolo di Civ è quella “spaziale”, che consiste nel lanciare (e nel IV capitolo anche arrivare a destinazione) una nave spaziale che abbia l’obiettivo di colonizzare un pianeta alieno e di portare la civiltà umana verso uno stadio successivo dell’evoluzione. Alpha Centauri partiva proprio da qui: durante il lunghissimo viaggio verso la stella più vicina al nostro Sole, qualcosa accade sulla nave dei coloni, che si dividono in sette fazioni non per razza o religione, ma per ideologia e linea di pensiero. Una volta effettuato l’atterraggio sulla superficie di Chiron, la sensazione era quella familiare di una partita a Civ, ma completamente svincolata dalle milestone della storia come l’abbiamo studiata a scuola, arricchito da splendide idee di gameplay, che diveniva pian piano un epico affresco sul futuro dell’umanità.

Ci giocai ore ed ore, esplorando un mondo sconosciuto tra guerre, specie aliene ostili, tecnologie pazzesche ed impensabili, immaginando paesaggi e città di quelle terre impossibili, scoprendo persino che il pianeta era vivo ed era possibile ascendere ad uno stato di coscienza superiore che trascendeva le mere barriere del corpo. Tutto questo ben di dio trasudava ispirazione delle migliori visioni di fantascienza che si potesse immaginare, tanto che l’appendice del manuale snocciolava consigli sulla letteratura di genere, e io letteralmente lo amai e ne fui ossessionato. Quando, in marzo, Firaxis annunciò questo nuovo titolo, fu impossibile per me e migliaia di altri appassionati non far tornare la mente alle rosse e ostili distese fungine di Chiron, e tutti sperammo che i fidi sviluppatori potessero ripetere il miracolo. D’altronde l’incipit era simile: a seguito di un “Grande Errore” commesso sulla Terra (altra citazione, questa volta da “Hyperion”), l’umanità è costretta ad inviare coloni a stabilire avamposti su pianeti alieni per poter sopravvivere. Seguii le anteprime, le interviste, le anticipazioni di gameplay, fino al momento del preacquisto per metter fine ai tormenti di un hype che rischiava di dilagare.

Mentre ripenso all’illustre predecessore, il pulsante azzurro muta in “Gioca”. Si va.

Parte II – Scoperta

Finalmente parte il filmato iniziale, epico da morire, che si chiude con l’apparizione di un nuovo pianeta di fronte agli occhi increduli dei coloni dopo un viaggio secolare. Non nego di essermi spoilerato, nei giorni precedenti l’uscita, tutte le scelte possibili per configurare la partita: oltre agli sponsor (quelle che in Civ sono le civiltà; qui sono basati più o meno su macroaree geografiche, tipo Unione Africana, Francia-Spagna o Nord America) si può scegliere cosa portar dietro dalla madre terra: i nostri coloni contano tra le nostre fila molti artisti, oppure prediligiamo una élite di scienziati? Abbiamo portato con noi colture idroponiche, materiali da laboratorio o armi? La possibilità di customizzare la propria civiltà è una novità che mi ha lasciato davvero contento perché i semplici bonus di ogni sponsor mi sembrano da soli un po’ debolucci; inoltre si garantisce una certa rigiocabilità, date le centinaia di possibilità differenti!

Io che amo giocare un po’ di “ruolo” anche negli strategici perché mi piace creare storie coerenti, ho scelto la Franco-Iberia, che ha un bonus sul versante culturale; immaginandola come una civiltà pacifica che sogna un futuro di progresso per l’umanità, ho deciso di portar con me degli scienziati che facciano il paio col bonus per la cultura. Ho già deciso che per la prossima partita mi concentrerò sulla Federazione Slava, portando con me ingegneri che possano aiutarmi a forgiare una società di cyber-ninja sovietici ipertecnologica e vagamente ispirata agli Harkonnen di Dune. E che prenderanno gli alieni e tutti gli altri a calci sulle gengive.

Segue la scelta del pianeta da colonizzare: avendo preordinato il titolo, ho ricevuto come bonus gratuito il DLC “Exoplanets” che aggiunge mappe basate su veri Esopianeti scoperti in tempi recenti. Una chicca non indispensabile in realtà, ma che sulla carta offre spunti interessanti, data la particolarità di tali mappe.

Finalmente, il Planetfall!

La nostra base è stabilita nel punto di atterraggio, e la sensazione di un pianeta alieno è forte: oltre ai colori particolari quasi da sci-fi anni ’80, di fronte a noi compaiono foreste di alberi contorti ed enormi canyon, un mare di un blu particolare e uno strano miasma che ricopre vaste aree di terreno; l’atmosfera è quella giusta, anche grazie al pomposo ed azzeccatissimo commento musicale che aiuta ad immergersi non poco nell’ambientazione.

Il feeling restituito dai primi turni è simile (e ci mancherebbe) a quello dei Civ tradizionali: siamo indifesi, deboli e dobbiamo darci da fare nell’esplorare i dintorni e nel gettare le basi di una solida crescita per poi espandere il nostro impero ed i nostri confini. La sensazione delle grandi opportunità e del diventare grandi partendo dal nulla è sempre impagabile ed è una delle caratteristiche che mi ha fatto sempre adorare il franchise; anche in questo titolo possiamo attingervi a piene mani.

Una gradita novità compare dopo pochi turni: per introdurre una sorta di linea narrativa di sottofondo nell’epopea spaziale dell’umanità, Firaxis ha pensato di inserire delle quest, alcune delle quali risolvibili con una decisione a scelta multipla, altre mediante il raggiungimento di uno specifico obiettivo. Non sono certo quest articolate come quelle di un The Witcher, ma aggiungono carne al fuoco e contribuiscono molto all’atmosfera essendo scritte secondo un coerente gusto sci-fi a me molto gradito, ma soprattutto permettono di indirizzare e forgiare il destino della nostra spedizione: concatenando scelte ed eventi, la nostra neonata civiltà cambierà atteggiamento rispetto all’ambiente pianeta, amalgamandosi ed adattandosi alla fauna locale ad esempio, o decidendo di trasformare il nuovo territorio ad immagine e somiglianza della vecchia Terra.

In un certo senso, ho avuto l’impressione che si sia voluto sostituire il concetto di religione con qualcosa di più adatto al concetto di futuro: dopo aver passato centinaia di anni in viaggio, i coloni saranno sempre più distaccati dalle confessioni terrestri, che comunque nacquero sotto circostanze legate effettivamente all’ambiente in cui i popoli risiedevano e prosperavano. Perciò, benvenute Affinità! Si tratta di Supremazia, Purezza ed Armonia in base appunto alla nostra attitudine nei confronti dell’ambiente e delle specie indigene. Penso proprio che in questa prima campagna di prova andrò di Armonia: faccio il bravo con l’habitat e con gli alieni, prometto di non sporcare nulla e di accarezzare e dar da mangiare ad eventuali leoni a otto zampe.

Il nostro team di esploratori, nel mentre, è intento a scoprire le meraviglie di questo nuovo habitat: ossa di giganteschi esseri sconosciuti, rovine di antiche civiltà svanite nel nulla ci comunicano indirettamente che non siamo soli; e infatti, all’improvviso il contatto; incontriamo alcuni esemplari della fauna locale, che a differenza dei barbari di Civ però non ci attaccano immediatamente: sono diffidenti, ma non ostili a meno che non siano provocati e sembrano abbastanza pericolosi, quindi per adesso li lasciamo stare. Soddisfatti dal non aver rogne dagli alieni (e chi giocò Alpha Centauri ricorderà benissimo quanto potevano essere problematici i Mind Worm nei primi turni) non abbiamo fatto i conti però con un nemico temibile: un gigantesco verme-trivella di herbertiana memoria compare nei pressi del nostro insediamento gettando scompiglio tra le fattorie e i miglioramenti che faticosamente avevamo costruito nei primi anni di permanenza! Le nostre truppe sono decisamente impotenti di fronte ad una tale potenza della natura ma per fortuna, con un po’ d’attenzione e lasciandolo tranquillo, il verme va via, lasciandoci in pace ma con grossi danni da riparare!

Altra novità di peso è legata al classico avanzamento tecnologico: coerentemente con l’ambientazione futuristica, non è ben delineata una evoluzione scientifica come quella di Civ classico, che si basa sulla storia e quindi presenta una progressione non lineare ma abbastanza indirizzata; qui la ricerca scientifica si allarga da un nodo centrale, contenente tecnologie più vicine alla nostra, verso i rami esterni, contenenti suggestioni fantascientifiche più o meno plausibili. Devo dire che ciò mi ha costretto a ripensare all’ormai usuale approccio che avevo in Civ V, impegnandomi non poco a riflettere su quale via intraprendere.

E in effetti questo spaesamento l’ho provato anche per quanto riguarda l’approccio da utilizzare circa la crescita della nostra colonia e dei nostri domini: in questi precisi momenti mi sono autoconvinto che definirlo un mod/reskin di Civ V, come molti scettici della prima ora non avevano esitato a fare, non sia generoso nei confronti di un titolo che in realtà getta abbastanza carne al fuoco per giustificarne l’esistenza a sé stante; andando avanti con i turni e approcciando alle nuove meccaniche, ho risentito quella bella sensazione di scoperta e di bisogno di resettare tutte le conoscenze e le tattiche pregresse degli scorsi Civ che accompagna il primo avvicinarsi ad un nuovo capitolo.

Parte III – Consapevolezza

Passano i turni, e finalmente facciamo conoscenza con i nostri “vicini”: con lo scorrere degli anni, tutte le altre spedizioni atterrano sul pianeta e immediatamente ci contattano, chi per discutere del più e del meno, chi per proporci un accordo: non mi fa impazzire questo contatto immediato, senza nemmeno lo sforzo dell’esplorazione, ma è assolutamente una scelta coerente con il fatto che siamo coloni che hanno viaggiato ad anni luce di distanza su navi interstellari: vuoi che non riusciamo a contattare in qualche modo persone che sono addirittura sullo stesso pianeta?

Dopo l’arrivo di tutti i nostri nuovi coinquilini e dopo averci chiacchierato un po’, mi rendo conto di come mi manchino quella bastarda bigotta di Sorella Miriam e quella psicopatica guerrafondaia del Colonnello Corazòn Santiago. Chi giocò Alpha Centauri forse potrà capirmi: oltre ad una narrazione di fondo che tuttora ricordo con piacere, erano proprio i leader degli esuli terrestri a rimanere impressi nella memoria del colono spaziale. Le chiacchierate diplomatiche approfondite, il fiato sul collo di possibili tradimenti e voltagabbana (e lo sapevi, ma ogni volta quella dannata sgualdrina con i capelli rossi ti fregava), l’accanimento estremistico sulle proprie posizioni ideologiche erano letteralmente su un altro pianeta (ah ah battutona). Forse è proprio questo che alla fine fa perdere un po’ di mordente ai capi delle fazioni di Beyond Earth: è pur vero che gli sponsor che hanno finanziato la spedizione sono macrostati della vecchia Terra e che la nave colonizzatrice non è più una sola come in Alpha Centauri, ma non ci posso far nulla, costoro mi sembrano personaggi molto più macchiettistici che veri avversari da temere.

E purtroppo, e ripeto purtroppo sottolineandolo mille volte, il loro comportamento sul campo soffre della stessa mancanza di carisma. Durante la mia breve esperienza a caldo, ciò che ho temuto di più e quello dal quale mi sono dovuto guardare le spalle, era proprio il pianeta, più che gli altri coloni, con i quali poco ho trattato se non sporadicamente e di mia iniziativa. Spero davvero che in fasi avanzate della partita, con l’estremizzarsi dell’affiliamento alle varie affinità, i nostri cari vicini si diano una bella svegliata o magari ci penseranno i miei agenti segreti. Eh sì, a quanto pare manca anche una sorta di Congresso Mondiale che poteva vivacizzare moltissimo, come negli altri Civ, la fase diplomatica e quella finale della partita.

Dispaccio dai laboratori di ricerca del nostro insediamento: i nostri scienziati hanno scoperto il Terraforming! Io ci provo, ma la mia mente non ce la fa a non pensare ai mitici terraformer gialli di Alpha Centauri, che erano sostanzialmente in grado di modificare la morfologia del terreno! Scavare falde acquifere, abbassare o alzare montagne, aumentare le piogge tramite collettori solari, piantare foreste che crescono e si espandono con il passare degli anni, erano alcuni degli “strumenti” che il bravo capo colonia poteva sfruttare per dominare il pericoloso Chiron e che innalzavano mostruosamente la profondità strategica dell’insieme; per fortuna non mi illudevo certo di poter ritornare a quel tipo di possibilità, perché Beyond Earth è basato pedissequamente sul motore di Civ V, cui non si poteva chiedere un miracolo: l’importante è tenere stampato davanti agli occhi il concetto che non si tratta di Alpha Centauri 2, con buona pace della mia nostalgia e dei sogni proibiti di appassionati bramosi di un remake aggiornato di quel capolavoro mostruoso. La colpa forse non è di Beyond Earth, ma di Sid Meier e Brian Reynolds che, nel 1999, tirarono fuori dal cilindro una pietra miliare della quale è difficile raccogliere l’eredità persino dopo 15 anni.

A difesa di Beyond Earth, voglio citare la piccola soddisfazione personale nel premere il pulsante del “Lancio orbitale”! È possibile infatti costruire satelliti ed unità orbitali nelle nostre officine, che influenzino in vari modi la nostra vita sul pianeta: si va da satelliti che aumentano le risorse sul terreno sottostante, a “LASERONIDELLAMORTE” orbitanti, fino ad arrivare ad unità che permettono il trasporto rapido di truppe ed unità. Davvero una bella aggiunta, che non vedo l’ora di esplorare ulteriormente.

Purtroppo il leggero retrogusto amaro ritorna prepotente osservando la schermata che permette l’upgrade e la personalizzazione delle unità all’aumentare del livello di Affinità; è vero, ho smesso di far confronti con SMAC, ma il Workshop era tutto un altro sport e un altro enorme piano strategico: con l’avanzare della tecnologia diventavano disponibili vari upgrade, chassis, motori, armi e moduli che permettevano di costruire dal nulla e in infinite combinazioni l’unità dei nostri sogni. Qui, invece, l’upgrade consiste in primis in una scelta tra due abilità differenti e poi, in base all’Affinità che perseguiamo, in unità personalizzate proprio per Purezza, Supremazia e Armonia, anch’esse ulteriormente personalizzabili sia con la scelta dell’upgrade, sia tramite la classica esperienza accumulata sul campo di battaglia. Certo, se qualcuno oltre gli alieni decidesse di fare la guerra.

Oramai le nostre colonie sono due, e presto il terzo avamposto, anche grazie al cibo e ai materiali trasportati via mare dalla capitale, diverrà anch’esso autosufficiente, pronto a contribuire alla costruzione e alla prosperità della nostra nuova casa, sfruttando, ad esempio, i vicini giacimenti di Exomassa, strane pozze verdi di materiale liquido che, a quanto pare, i nostri scienziati, sempre più inclini a mantenere l’equilibrio tra la nostra razza e quella autoctona, sarebbero interessati a sfruttare a nostro vantaggio. Ed è soltanto una tra le nuove esotiche risorse che troviamo sparse sulla superficie del pianeti che fanno gola ai nostri ingegneri e geologi. Certo però che tutto quel metifico gas bluastro che ricopre le colline a nord della base potrebbe rendere difficile la vita dei coraggiosi pionieri che si sono offerti di colonizzare la costa opposta del nostro continente, ma siamo fiduciosi che, prima o poi, ci abitueremo anche a questo, così come sopportammo il peso di un viaggio secolare attraverso le stelle.

L’ora è tarda, domani (o dovrei dire oggi?) si lavora. Torniamo sulla nostra vecchia Terra, soddisfatti ma con in mente confronti senza senso.

Le sensazioni sono positive al primo impatto, con qualche riserva qua e là. Assolutamente Firaxis avrà da calibrare alcune meccaniche che appaiono sbilanciate o sgravate già dai primi turni e introdurne altre per tappare qualche mancanza che si sente, non solo rispetto al padre spirituale, ma anche rispetto al suo vero papà Civilization V, che, ormai da par suo, è finalmente un gioco maturo fatto e finito, degno di risiedere al fianco dei suoi fratelli più anziani.

È un seguito spirituale del mitologico Alpha Centauri? A quanto vedo, no. Neanche nella sensazione della visione del futuro dell’umanità, che qui mi sembra più solare e ottimistica rispetto a SMAC.

È un Civilization V nello spazio, con nuove meccaniche e più “limitato”? Sì, forse possiamo vederlo così: un gran bel gioco di colonizzazione spaziale, che parte da basi solide, non osa troppo e con qualche meccanismo da oliare.

Riesce a far smuovere in me ciò che cerco da uno strategico epico, ovvero quello di creare una grande storia a partire da umili origini e a farmi ripetere come un mantra la fatidica frase “Un altro turno, e poi giuro che smetto”? Suvvia, c’è pur sempre scritto Civilization nel titolo!

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