Altre nerdate

Due chiacchiere con: Marco Farenz Farina (L’Angolo di Farenz)

Farenz, incrociato durante il Lucca Comics & Games 2015

Farenz, incrociato durante il Lucca Comics & Games 2015

Ho avuto la fortuna di essere uno dei possessori dell’Edizione Angolare di “Press play on tape”, il primo libro scritto da Marco ‘Farenz’ Farina.
Per i pochi che non sanno chi è Farenz (e mi chiedo, che cosa state facendo qui?), mi limito soltanto a dire che stiamo parlando dell’uomo che ha fatto – almeno per me – la storia di Youtube Italia, con i suoi video scanzonati in cui, con fare da guascone, esprime la sua opinione in merito ad argomenti videoludici di attualità oppure, tramite sketch, ci narra i divertenti episodi della vita di un appassionato di videogiochi.
Sono a portata di click il suo canale Youtube, il suo account Twitter e Facebook.

Luigi: Ciao Farenz, ti ringrazio per la disponibilità. Anche se ne hai già parlato durante la conferenza tenuta il 2 novembre in occasione del Lucca Comics & Games, ti ripropongo una domanda per chi non ha avuto l’opportunità di essere nella Sala Ingellis: come è nata l’idea di scrivere un libro?
Farenz: Ciao a tutti, innanzitutto. La proposta di scrivere un libro mi giunse da Christian Borghi, il fondatore della casa editrice indipendente Limited Edition Books. Conosco Christian da molto tempo sia per la sua assidua frequentazione dell’Angolo, sia per i suoi sempre graditi inviti al Mantova Comics, evento che organizza ormai da diversi anni. Dopo avermi illustrato il suo progetto editoriale nascente mi fece la fatidica domanda “Perché non scrivi un libro?”
So scrivere. Mi piace scrivere.
Seppur non avessi mai preso in considerazione l’idea prima di quel preciso momento, mi chiesi immediatamente “Perché no?”

L: Le 400 copie dell’edizione Angolare di “Press play on tape” sono andate a ruba in pochissimo tempo. Ti aspettavi un successo di queste dimensioni? Come te lo spieghi?
F: Ti dico la verità: il libro è un’esperienza completamente nuova per me, non solo dal punto di vista della forma di comunicazione con l’utenza, ma anche proprio per il fatto che non avevo (e non ho tuttora) idea di come possa reagire “il mio pubblico”, abituato a vedermi su un monitor per massimo 20 minuti in un video. Il metodo di fruizione di un libro, seppur non si tratti di un romanzo da 1000 pagine, è completamente diverso da un video sul tubo.
Il fatto quindi che in 2 ore siano state bruciate tutte le 400 copie disponibili della versione limitata mi ha fatto un piacere enorme, perché ciò ha dimostrato grandissimo affetto (e fiducia sulle mie doti letterarie) da parte di chi mi segue e soprattutto anche una grande disposizione a fruire di un mio “prodotto” praticamente all’antitesi di un video.

L: Partiamo dalla prima pagina del libro; la dedica è per tua moglie Erica: quanto è cambiato il tuo modo di videogiocare dopo il matrimonio? Dove trovi il tempo di gestire la famiglia ed i videogiochi?
F: Indubbiamente la convivenza con un altro essere vivente sotto il tuo stesso tetto ti cambia la vita, ma credo faccia parte del gioco. Mettere su famiglia implica un minor tempo libero per nerdare come facevo un tempo, ma d’altronde gli anni passano, non si può essere cazzoni per sempre. Io tra l’altro mi reputo molto fortunato perché sono sposato con una ragazza che rispetta le mie passioni e soprattutto le mie tempistiche, che da un lato mi vedono a volte coinvolto in sessioni da 5-6 ore filate di videogaming (specialmente nel weekend), senza contare il tempo libero che quotidianamente investo nell’Angolo, cioè nella stesura di articoli per il blog e nella scrittura di nuovi video.

L: Erica ha partecipato alcune volte come voce fuori campo nei tuoi video: hai mai pensato di renderla parte attiva dell’Angolo di Farenz?
F: Sì e no. Nel senso che seppur abbia realizzato diverse volte gag con lei presente, Erica è una persona molto timida e non le va di apparire nei video, quindi rispetto la sua scelta.

L: Nei primi capitoli di “Press play on tape” vengono narrate le tue origini, vengono descritti molti aneddoti datati anni ‘80 ed ho provato un po’ di nostalgia leggendoli: li hai scritti pensando ai videogiocatori di vecchia data? Pensi che i lettori più giovani potranno capire, tramite queste pagine, come sono stati gli anni d’oro delle sala giochi?
F: A dir la verità quando scrissi quei capitoli non pensai direttamente all’età delle persone a cui mi stavo rivolgendo, sia perché il pubblico dell’Angolo è anagraficamente piuttosto variegato, sia perché il mio scopo era raccontare storie personali utilizzando il mio stile di espressione tipicamente… Angolare. Io credo che indipendentemente dall’età del lettore sia piuttosto facile immedesimarsi in me mentre vivevo quei particolari episodi ed al tempo stesso sono convinto che chiunque durante la propria vita abbia provato esperienze simili. Quindi sì, secondo me anche un lettore molto giovane, che durante gli anni d’oro delle sale giochi ancora non era al mondo, potrà facilmente comprendere ciò che ho avuto il piacere di raccontare.

L: Il NES batteva la figa 1-0. Anche oggi, sostituendo il NES con le nuove console, si ha questo risultato?
F:
Questa domanda non la devi porre a me, nel senso che dovresti chiedere ciò ad uno sbarbatello di 16 anni. Secondo me ti risponderebbe che la PS4 o la One farebbero una figuraccia in un’ipotetica partita contro la patata, ma in fondo in fondo non ne sarei così sicuro.
A quasi 33 anni ti dico che tuttora il NES trionferebbe.

L: Avevi, come molti nerd (me compreso), problemi a socializzare ed a trovare divertenti le attività che gli adolescenti di allora trovavano (e rubo un vostro termine) ficcanti: questo ti ha mai causato problemi in giovane età?
F: A dir la verità non ho avuto moltissimi problemi di questo tipo, più che altro perché ho avuto la fortuna di frequentare compagnie composte da persone che condividevano (chi più, chi meno) la mia stessa passione videoludica. Certo era che col passare degli anni, era sotto gli occhi di tutti che “la figa”, intesa quasi come elemento astrale, difficilmente sarebbe potuta cadere ai nostri piedi. Soprattutto se i nostri spunti di conversazione erano Monkey Island o il quarto livello di Wolfenstein 3D. Ma era un’altra età e ci andava bene così.
Anche perché all’epoca pensavo che per la figa “c’era tempo”, e il tempo mi ha dato ragione.

L: Che consigli vorrebbe dare il Farenz di oggi al Farenz del passato? C’è qualcosa che cambieresti della tua infanzia/adolescenza?
F: Questa domanda mi ha messo in crisi, complimenti.
Cosa dire al me stesso del passato? Credo nulla, nel senso che ora non mi vedo così saggio e maturo da poter dar consiglio al me stesso più giovane. Forse suggerirei di farmi meno problemi quando da adolescente pensavo che nella società in cui vivevo non c’era troppo posto per “quelli come me”, nel senso che seppur vivevo bene il mio essere diverso dalla massa (grazie appunto alle compagnie che frequentavo, composte da gente come me) capivo che qualche ingranaggio cominciava a stridere. Soprattutto se paragonavo me stesso e quelli che pensavo avessero successo col gentil sesso. Ma non sono mai stati problemi insormontabili. Credo che i ragazzi di oggi vivano in una condizione ben più preoccupante rispetto a quella degli anni della mia adolescenza.

L: Nonostante la tua avversione verso la componente competitiva dei videogiochi, non credi che il multiplayer possa aumentare notevolmente la longevità (e di conseguenza anche l’esperienza ludica, il coinvolgimento ed il divertimento) di un titolo?
F: Ma certamente sì. Chi sarebbe così stupido da affermare il contrario?
Io non sono affatto contro la componente competitiva dei giochi di oggi, ci mancherebbe altro. Si tratta di un ottimo espediente per far sì che i videogiocatori si mettano alla prova l’un l’altro e passino decisamente più ore all’interno del gioco appena acquistato.
Per quanto riguarda me ho sempre reputato il videogiocare una passione molto personale, poco dedicata al giocare in comunità, probabilmente perché cominciai a giocare proprio in questa maniera e mi porto dietro tuttora gli strascichi di sessioni “contro il computer”.
L’unico esempio di vera avversione da parte mia riguardo il multiplayer riguarda quei giochi in cui si nota lontano un miglio che tale elemento sia stato inserito forzatamente, senza nessuno scopo particolare.

L: Ti propongo un’altra domanda simile alla precedente: nonostante la tua “avversione” per i pc, c’è qualche videogioco non disponibile per console a cui vorresti giocare?
F:
Anche in questo caso è meglio specificare. Non ho nessuna avversione verso il pc-gaming, sia chiaro. Io stesso ho giocato per anni esclusivamente su pc. Da quando ho cominciato a lavorare verso i 20-21 anni, ho intrapreso una carriera che mi pone di fronte al pc per molte (troppe) ore durante il giorno. Pensare di mettermi di fronte al monitor anche nel mio tempo libero è un’idea che mi disgusta. Preferisco mille volte sbracarmi sul divano con un pad in mano. Se poi apro la parentesi riguardo le esclusive console che non potrò mai giocare su pc, altro punto a favore del mondo console. Le moltissime esclusive pc, come i mille giochi di strategia, i giochi di simulazione o i giochi alla LoL, purtroppo non rientrano fra i miei generi preferiti, quindi non sento la mancanza di quei giochi.

L: Cosa ne pensi del fenomeno dei giochi indie? Esiste qualche titolo che hai apprezzato particolarmente?
F: Come dico spesso, “gli indie ci salveranno”.
Oggi come mai prima d’ora sviluppare giochi tripla A ha raggiunto costi esorbitanti. Le grandi software house hanno perciò bisogno di creare giochi che, se di successo, vedranno almeno 2-3 seguiti. Cosa comporta ciò? Un evidente reiterazione di concetti e meccaniche già viste, riviste e straviste nel corso degli anni. Ecco perché sono convinto del fatto che le idee più innovative provengano dal mercato dei giochi indipendenti: non avendo grossi budget a disposizione e non potendo puntare (in genere) enormemente al comparto tecnico, sono costretti (passatemi il termine) a puntare tutto sull’idea da proporre, sull’originalità.

L: Ti propongo un gioco, ti cito un autore e tu devi completare la frase: “Tra PS3 e 360 ho sempre preferito”?
F: Ti ringrazio per questa domanda, perché finalmente mi consentirà di svelare questo mistero. Ovviamente tra le due console, col senno di poi, se fossi costretto a sceglierne solo una opterei per

L: Nel libro, così come in alcuni video, citi artisti e gruppi, come ad esempio Max Pezzali o Elio e Le Storie Tese (tralasciando Bello Figo Gu): quanto è importante la musica per te, che ruolo ha nella tua vita e che genere musicale apprezzi?
F: La musica è sempre stata importante per me, anche se purtroppo ultimamente non ho più moltissimo tempo per ascoltarla. Ascolto un po’ di tutto, tranne la cosiddetta musica “da discoteca” o il rap, generi musicali che non riesco a digerire. Sono sempre stato per uno che seppur spaziasse tra diversi generi musicali, non ascoltavo tanti artisti, nel senso che una volta trovato l’artista/il gruppo di mio gradimento mi concentravo esclusivamente su di esso.

L: E infine, hai progetti particolari per il futuro?
F: In molti mi stanno chiedendo già un seguito del mio libro, che però per ora non è un’idea che ho in cantiere. Ora preferisco ritornare “alle origini” e cercare di tornar a dar maggior spazio al mio canale YouTube, con video “classici” (specialmente sul finire dell’anno solare) e diverse idee nuove, che però non vi spoilero. Stronzi curiosi.

L: Ti ringrazio per il tempo che hai dedicato a me ed ai lettori del blog. Attendo con ansia i tuoi prossimi lavori e ti auguro di avere sempre più successo: si vede facilmente che tutto ciò che hai ottenuto è frutto di una passione smisurata verso i videogiochi.

Press play on tape

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